Le banche vogliono rottamare il Bancomat e le carte di credito che da decenni farciscono di plastica i portafogli degli italiani. Trasformando i cellulari (o meglio gli smartphone) in versatili mezzi di pagamento in grado di dialogare con il conto corrente. Dietro alla probabile fine dei borsellini spessi come sandwich che gonfiano tasche e borsette dei consumatori, si nasconde però una serrata guerra tecnologica (e quindi di business) tra Google e Apple per scrivere lo standard dei pagamenti elettronici del futuro. Al momento il sistema di pagamento elettronico più diffuso si basa sulla tecnologia «Nfc» (acronimo di «near field communication») che in buona sostanza permette di effettuare una spesa semplicemente avvicinando alcuni degli smartphone in commercio (come Samsung, Lg e Nokia-Microsoft) ai pos di nuova generazione di cui si stanno dotando negozi e supermercati: i punti abilitati sono già arrivati a quota 150mila contro i 25mila censiti a fine 2012, su un totale di 2 milioni. Del resto si occupano la carta di credito «dematerializzata», che le banche caricano sulla carta sim del cellulare, e alcune applicazioni; per le spese superiori a 25 euro è poi necessario digitare un codice segreto. Impartito l'ordine al pos con il cellulare, tutto procede come quando si striscia una carta di plastica: il pos invia la richiesta all'istituto di credito che la processa e quindi manda conferma della transazione sia alla cassa sia al cellulare tramite sms. Apple, che allo stato non supporta il sistema «Nfc» nel software iOs (e dunque non funziona con gli iPhone), dovrebbe contrattaccare a breve con una propria piattaforma, che come da tradizione sarà interamente made in Cupertino: il sistema «iBeacon», basato sulla tecnologia bluetooth e pensato anche per scandagliare abitudini e spese del singolo utente, così da inviare sull'iPhone suggerimenti e offerte mirate quando si trova al supermercato o si ferma a osservare una vetrina. Una svolta nel modo di concepire lo shopping che l'amministratore delegato Tim Cook potrebbe utilizzare, insieme al peso delle centinaia di milioni di utenti registrati sulla piattaforma iTunes, per convincere le banche e i gruppi delle carte di credito a seguirla. Mentre, ad esempio, Mastercard è ora molto impegnata sull'Nfc.
Di certo per le banche, il pagamento con il cellulare è un modo per intercettare i «micropagamenti» che invece sfuggono alle carte tradizionali e quindi assorbire commissioni e nuovi clienti, cui offrire poi servizi a valore aggiunto.
Su questo si innesta inoltre già l'ulteriore sfida di traslocare la carta di credito ormai dematerializzata dalla sim del telefono direttamente sul cloud, la «nuvola» che tutto vede (e vorrebbe gestire) delle nostre vite, abitudini, passioni e consumi. Il passo, possibile con Android grazie alla tecnologia Hce («Host card emulation»), consentirebbe agli istituti di credito di tenersi stretto il cliente, neutralizzando l'elevato tasso di infedeltà che caratterizza il settore delle tlc, dove si stima che circa un quarto degli utenti cambi gestore una volta l'anno alla ricerca della promozione tariffaria più allettante. Senza contare la possibilità di creare dei wallet elettronici, in cui riunire per esempio anche le carte fedeltà o le tessere del parcheggio. Insomma la fine del denaro di plastica, appare scritta, un po' come per i cd e dvd.
Per dare un'idea del fermento hanno avviato progetti pilota Nfc Mediobanca con Compass, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Bnl, Ubi, Banco Popolare, Cariparma e Mediolanum che per prima dovrebbe passare alla commercializzazione al grande pubblico nell'arco di un mese. Quanto ai maggiori gestori, Vodafone e Telecom presidiano il campo rispettivamente con le offerte Smartpass, già disponibile, e Tim wallet, entrambe basate su carte prepagate.
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