Sotto i calzoncini, le dita scalpitanti di un bambino. La loro energia ne farà un paio di gambe e metterà a segno tanti gol. Funzionava così con le marionette, alla Corte di Francia e nelle piazzuole d'Europa. Nell'epoca digitale, un gioco come «My Stars» sembra emergere dalla naftalina. E far contenti tutti. 3 euro a bustina che ospita un calciatore senza volto (la maglia sarà quella di una squadra italiana), le scarpe da gioco e i calzoncini. Ma è la mano del bimbo a vestire quella divisa; sulla stoffa amorfa del calciatore-giocattolo, si potrà incollare una foto del giocatore vero, l'unico protagonista della partita. Il bambino che tira le redini. Il campo da gioco? Una base plastificata che non supera di molto i 3 euro pure quella. Ritorno al futuro significa palpare, decidere, dar vita alle miniature con l'istinto più longevo e naturale del mondo: la manualità. Alternativa a metà strada tra «My Stars» (la tradizione che spopola) e la tablet-mania dei bambini è invece «Skylanders». Quel gioco in cui, sì, il bimbo impugna e manovra un piccolo fantoccio: ma la vera magia è che, al contatto con la piattaforma sensibile di un tablet, uno smatphone, o le superfici di X-box e Nintendo (per cui i videogiochi all'ultimo 3D), il «fantoccio» prende forma sul display. Si specchia nello stagno virtuale come Narciso e il bambino decide le sue sorti dove meglio, ormai, sa controllarle. Nei meandri blindati dello schermo. Ti tengo in mano ma ti controllo nel monitor.
A tutta natura un altro vecchio gioco, invece, che inaspettatamente piace a genitori e figli, piccoli uomini e piccole donne. «Yu gi oh» è un altro modo per dire «scontro tra trottole». Quello che facevano in cortile i nostri nonni. Si lanciano, volteggiano intorno a se stesse come le ballerine della Scala finché, esauste, non periscono sotto il colpo dell'avversaria. Un testa a testa che oggi - sotto il nome di «Beyblade» - ha ispirato anche cartoni animati giapponesi. Il business delle trottole è una collezione in edicola: le «Beyblade trottole» sono distribuite da Edibas (la stessa azienda che produce le collezioni di DragonBall e altri cult giapponesi), hanno dieci colori diversi e sono rigorosamente 3D. Che significa? Il gioco è quello di sempre: si svolge all'aria aperta o sul pavimento di scuola, ma gli scontri tra le trottoline panciute producono scintille psichedeliche e il lancio si effettua con una speciale «card». Ecco il tocco del Terzo Millennio a quel gioco antico, che a fissarlo dava un po' di vertigini, già presente nell'antica Roma e nella Magna Grecia assieme ai dadi. Ma per chi proprio non avesse nostalgia del presente, c'è un altro gioco riesumato dalla tradizione così come mamma l'ha fatto. Si chiama «Total Soccer», ed è il caro e vecchio subbuteo. Calcio da tavolo. Soldatini vestiti da calciatori su una piccola pedana arcuata: col dorso dell'indice, spingeremo terzini, attaccanti e portieri a sudare il loro match su un semplice ripiano da gioco. E le bambine? Forse le loro bambole hanno tacchi più alti, ma guai a distrarle, oggi come ieri, mentre mettono in ordine i loro capelli.
Eccoli lì, i contraltari del progresso.
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