A chi lo insulta diciamo che se l'inchiesta si riapre è merito anche di Ramelli

Se oggi si riapre il processo per cercare gli assassini di Fausto e Iaio, gran parte del merito è di quel ragazzo che ebbe il coraggio di morire per le sue idee

A chi lo insulta diciamo che se l'inchiesta si riapre è merito anche di Ramelli
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A questo servono i simboli. Bisognerebbe spiegarlo bene a quei gentiluomini della sinistra che in questi giorni hanno distrutto le corone dedicate a Sergio Ramelli e imbrattato con gli escrementi le lapidi intitolate a lui e a Enrico Pedenovi. Perché se oggi si riapre il processo per cercare gli assassini di Fausto e Iaio, gran parte del merito è di quel ragazzo che ebbe il coraggio di morire per le sue idee e di quella comunità che per 50 interminabili anni ha mantenuto viva la sua battaglia, chiedendo prima giustizia e poi di non cancellarne il ricordo. Un'impresa che sembrava impossibile in quegli anni in uccidere un fascista da troppi non era considerato un reato e nei quali non fu facile ottenere un processo per far condannare i suoi carnefici. Eppure allora la tenacia di pochi riuscì a far condannare quegli assassini e oggi la determinzione di molti ha ottenuto che a rendere omaggio a Ramelli siano stati anche a rappresentanti delle istituzioni e politici non certo di destra. Non tutti, per carità, ma molti. E probabilmente è stato proprio per quel coro trasversale che mai come in questo cinquantesimo anniversario della morte si era levato, oltre che per i ripetuti appelli di Ignazio La Russa che fausto e Iaio ha nominato perfino nel suo discorsi di insediamento da presidente del Senato, che qualcosa si è mosso.

Accendendo un faro potente su quegli anni, per chiedere ancora conto di quelle morti. E aprendo sosì le speranze di far luce su quell'orribile duplice omicidio di due ragazzi che si battevano contro gli spacciatori di morte.

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