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Chiusa l’inchiesta su Lusi: "Si è appropriato di 22 milioni di euro"

L’ex tesoriere della Margherita rischia di essere processato per le accuse di associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita e calunnia. Nei guai anche sua moglie, i due commercialisti e una sua collaboratrice. Rutelli: "Finalmente tutti sapranno come e quanto sono stato calunniato"

L’inchiesta è chiusa. E per l’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi, ancora oggi agli arresti domiciliari nel convento di Santa Maria dei Bisognosi a Carsoli, in Abruzzo, si avvicina la resa dei conti. Rischia di essere processato con le accuse di associazione per delinquere finalizzata all’appropriazione indebita e calunnia. Con lui sua moglie Giovanna Petricone e i commercialisti Mario Montecchia e Giovanni Sebastio, che lo avrebbero aiutato a costituire le due società, la Ttt srl e la Paradiso Immobiliare, utilizzate per far transitare il denaro proveniente dai rimborsi elettorali nei suoi conti personali e per acquistare immobili. Nei guai anche Diana Ferri, collaboratrice dell’ex tesoriere e prestanome di una società a lui riconducibile.

Il pm Stefano Pesci ritiene che abusando del suo incarico di tesoriere, Lusi si sia appropriato indebitamente di oltre 22 milioni di euro. Dagli accertamenti del Nucleo di polizia tributaria della Finanza risulta che il senatore abbia messo le mani su oltre 13 milioni e mezzo mediante «96 distinti bonifici effettuati dal conto corrente dell’agenzia Bnl del Senato» intestato alla Margherita facendoli arrivare al conto della società TTT. Un altro milione di euro sarebbe stato «versato a mezzo di numerosi assegni di taglio medio-piccolo» come anticipo per l’acquisto della villa di Ariccia. Altri tre milioni di euro sarebbero transitati sempre tramite assegni di piccolo taglio verso la moglie, un milione usato per le case di Capistrello, in provincia dell’Aquila, 2,6 milioni di euro per un altro immobile della Paradiso Immobiliare e più di un milione e tre per acquistare la casa di via Monserrato, nel centro di Roma.

La calunnia è contestata al solo Lusi per aver accusato Francesco Rutelli, pur sapendolo innocente, di averlo indotto ad effettuare alcune delle operazioni di appropriazione indebita sostenendo di aver avuto dal leader di Api un mandato fiduciario per la gestione degli investimenti immobiliari. «Finalmente tutti sapranno come e quanto sono stato calunniato», commenta soddisfatto Rutelli. Il suo avvocato, Titta Madia, loda la magistratura che ha condotto «un’indagine capillare in tempi solleciti e perentoria nelle sue conclusioni». «Da una parte Lusi e i suoi reati gravissimi - sostiene il penalista - dall’altra i leader della Margherita, privatamente onesti e vittime delle ruberie e delle calunnie del tesoriere». Per i legali di Lusi, Luca Petrucci e Renato Archidiacono, «il quadro accusatorio risulta ridimensionato». «Sono infatti cadute - sostengono - le accuse nei confronti della signora Petricone per il reato di peculato e la stessa risponde ora solo del reato associativo.

Nei confronti del senatore sono cadute le accuse di trasferimento fraudolento di valori».

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