Il Colle allontana le urne «Una dannosa patologia»

Il Colle allontana le urne «Una dannosa patologia»

C'è un uomo solo al comando e si chiama Enrico Letta. Gli inseguitori sono lontani, le alternative «insussistenti». A una settimana dalla sentenza della Cassazione sul processo Mediaset, dal fresco della Val Pusteria Giorgio Napolitano rinfresca a tutti come stanno le cose. Punto primo, niente crisi: i «contraccolpi economici e sociali» sarebbero «assai gravi». Punto secondo, non si vota: le elezioni anticipate «sono una dannosa patologia» e la nostra democrazia «di azzardi ne ha già vissuti troppi». Punto terzo, il governo è questo e non esistono soluzioni di riserva. «C'è forse bisogno di ricordare l'insuccesso del tentativo dell'onorevole Bersani?», si chiede il capo dello Stato. L'inciucio con i grillini, il fantomatico esecutivo «pop» per cambiare la legge elettorale, per il Quirinale è soltanto una fantasia.
Vento e pioggia, salta la gita presidenziale in carrozza verso la Val Pescarina. Meglio la macchina. Re Giorgio, dopo un anno stressante, si gode le vacanze. Tornerà a Roma il 30 luglio, giusto in tempo per il verdetto finale su Silvio Berlusconi, ma da Sesto si porta avanti con il lavoro e avvisa quanti sperano a far saltare il banco che lui farà di tutto per evitare di sciogliere le Camere. Il messaggio è per quella parte del Pdl che, al di là della posizione ufficiale, punta alle urne in caso di conferma della condanna del Cav. Ma anche, forse soprattutto, è diretto a Matteo Renzi e a quei larghi settori del centrosinistra che vogliono una crisi di governo e una maggioranza diversa dalle larghe intese.
Nei giorni scorsi, in una lettera aperta sul Corriere della Sera, Fausto Bertinotti lo aveva accusato di essere quasi un golpista, di aver «congelato d'autorità una delle possibili soluzioni al problema del governo del Paese», cioè il ritorno ai seggi. Napolitano risponde con durezza, elencando puntigliosamente i guai e gli «sfaldamenti» della sinistra e sottolineando la difficile situazione finanziaria. E dunque, dal Colle «nessun congelamento ovvero impedimento - parole grosse - alla libera dialettica democratica». Un'accusa ridicola, «il Parlamento è libero, in ogni momento, di votare la sfiducia al governo Letta».
Però chi lo fa si carica sulle spalle una responsabilità enorme: che succederà sui mercati dopo «un'ulteriore destabilizzazione»?. E il compito del presidente della Repubblica è «mettere in guardia» i partiti dai «rischi di un'incertezza del quadro politico».
Quindi, o Letta o Letta. Le altre strade? Sono state provate, però non hanno portato a nulla. «Io non posso certo congelare nè blindare un governo ancora fresco di nomina, tre mesi», scrive King George. Però, caro Bertinotti, do you remember Bersani? «Dobbiamo ricordare che ebbe un incarico senza vincoli o limiti di esplorare le possibilità di una maggioranza parlamentare diversa dall'attuale?». Dobbiamo ripetere che l'ex segretario del Pd sbattè la testa contro i numeri? Che nonostante il corteggiamento insistito, non riuscì ad agganciare i grillini? Che pure «i successivi e recenti sviluppi» hanno confermato «l'insussistenza che Bersani dovette registrare?».
E allora, spiega, Napolitano è inutile e dannoso da destra e da sinistra invocare adesso le urne. «So bene che in caso di crisi resta il ricorso al voto popolare e che da qualche parte si confida nella possibilità di dare vita a un'alternativa di governo». Ma di «azzardi» provocati dalle smanie della sinistra ne abbiamo avuti troppi. «Dovetti io stesso sciogliere le Camere nel febbraio 2008 prendendo atto dello sfaldamento di una maggioranza che si presumeva omogenea. E dovetti penare per evitare lo scioglimento nel novembre 2011 e, all'indomani dell'insediamento del nuovo Parlamento, nella primavera del 2013».
Questa, vista dal Colle, la situazione.

«Si comprenderà - conclude - che da presidente, guardando anche i decenni di vita repubblicana, io consideri il frequente e facile ricorso a elezioni anticipate come una delle più dannose patologie italiane». Basteranno queste parole a salvare il governo, in caso di sconfitta giudiziaria del Cav?

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