No, niente grazia, non se ne parla nemmeno, il Cavaliere si rassegni. Non solo in questi tre mesi «non sono maturate le condizioni » per un provvedimento di clemenza, ma da sabato, «dopo i giudizi e i propositi di estrema gravità » espressi dal leader del centrodestra, la porta si è chiusa ancora di più. Forse per sempre. Infatti, sostiene una nota del Quirinale, «nulla è più lontano del discorso del senatore Berlusconi» da quel percorso indicato a metà agosto dal capo dello Stato. E siccome tra 48 ore il Senato voterà la decadenza, il presidente spera che «la protesta non fuoriesca dalla legalità ». Berlusconi l’ha presa bene: «Da lassù non mi aspettavo nulla». Ma Forza Italia si ribella: «Napolitano è diventato di parte».
Dunque per il Colle non ci sono più margini. «Su tutti i problemi relativi alla sentenza di condanna definitiva pronunciata il primo agosto dalla Corte di Cassazione nei confronti del senatore Berlusconi- si legge nel comunicato- il presidente della Repubblica si è sempre espresso e comportato in coerenza con la sua ampia dichiarazione pubblica del 13 agosto ». Tre i paletti posti all’epoca da Giorgio Napolitano. Il primo: nessuna clemenza presidenziale motu proprio . Il secondo: per concedere la grazia al Cav, bisogna che qualcuno- avvocati difensori, figli, lui stesso - la chieda. Il terzo: per poter affrontare la questione, è necessario che Silvio Berlusconi prenda atto della sentenza e dei suoi effetti pratici e legali. Solo a quel punto può partire l’istruttoria del ministero della Giustizia e il successivo «esame rigoroso e obbiettivo» da parte del capo dello Stato.
Ebbene, sostiene il Quirinale, da quest’estate a oggi «non si sono via via create le condizioni per un eventuale intervento sulla base della Costituzione, delle leggi e dei precedenti », solo trattative arenate e vaghi segnali di fumo. Poi la situazione è precipitata e «niente è risultato più lontano dal discorso tenuto sabato da Berlusconi dalle indicazioni e dagli intenti formulati il 13 agosto». Sfidato dal Cavaliere, «non chiedo la grazia, ci pensi Napolitano », Re Giorgio ha quindi risposto mettendoci una pietra sopra.
Ma non solo. Parlando di fronte ai giovani di Forza Italia, l’ex premier, si legge ancora, ha «manifestato giudizi e propositi di estrema gravità, privi di ogni misura nei contenuti e nei toni». A Re Giorgio sentir parlare di colpo di Stato non è piaciuto affatto, ancor meno la scelta della piazza. Da qui il senso del suo messaggio, il «pacato appello a non dar luogo a comportamenti di protesta che fuoriescano dai limiti del rispetto delle istituzioni e di una normale doverosa legalità».
Le reazioni di Fi sono rabbiose. Renato Brunetta parla di «dolore e sconcerto perché Napolitano è di parte». Maurizio Gasparri si dice sbigottito: «Non possiamo nemmeno più dissentire pacificamente?». Sandro Bondi dice che «il capo dello Stato si assume una grave responsabilità».
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