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"Così ci siamo inventati il dossier per spillare soldi al Cavaliere"

Il capo della banda che sequestrò il ragioniere: "Iniziativa solo mia". Ma ci sono anomalie: dalle telefonate con la Consulta a quelle col Pdl

"Così ci siamo inventati il dossier  per spillare soldi al Cavaliere"

«Ci ho provato». La riassume così, alla fine, la sua impresa: come un tentativo sgangherato di portare a casa un po' di soldi alle spalle di Silvio Berlusconi sequestrando il suo contabile di fiducia. Francesco Leone, ex rapinatore ed ex pentito, ideatore e protagonista del sequestro di Giuseppe Spinelli, ha riempito più di cento pagine di verbali offrendo ai pm una versione quasi tragicomica di una vicenda - il rapimento-lampo eseguito nella notte del 15 ottobre scorso - che invece continua a presentare dettagli oscuri: i rapporti di Leone con un «pezzo grosso vicino a Berlusconi», alcuni contatti «anomali» del suo telefonino con utenze intestate alla Corte Costituzionale, alla Camera dei deputati e alla sede del Pdl.

CONOSCEVO SPINELLI

Nel primo interrogatorio dopo l'arresto, il 21 novembre, Leone rivela un retroscena. Dice di avere incontrato Spinelli una prima volta in giugno, nel suo ufficio di Segrate, «dove sono cominciati i primi accordi e dove già dal primo appuntamento su quello che gli avevo riferito, e cioè di essere in possesso di cose che potevano interessare l'onorevole Berlusconi, Spinelli mi disse che avrei potuto ricevere la somma di 500mila euro, dopo i dovuti accordi con l'onorevole Berlusconi e l'avvocato Ghedini». Ma Ilda Boccassini reagisce avvisando Leone che potrebbe venire incriminato per calunnia. E dell'incontro di giugno non si parla più.

IL DOSSIER INESISTENTE

Che fine ha fatto il materiale che aveva offerto a Spinelli? «La documentazione è inesistente. Quella sera ho portato a casa Spinelli un Cd, una pennetta e sei/sette floppy disk dicendo al ragionier Spinelli per l'ennesima volta che vi era materiale di interesse per l'onorevole Berlusconi. In realtà né il cd né le pennette contenevano alcunché, ho sostanzialmente millantato di avere materiale di interesse». Cosa aveva millantato, esattamente? «Incontri tra Fini che aveva parlato con il magistrato dicendo che doveva cercare di rovinare Berlusconi; che l'onorevole Berlusconi aveva possibilità di avere indietro 560 milioni». Entrambe, dice Leone «affermazioni palesemente false e inventate da me».

SPINELLI SCENDE IN BOX

Più che di un sequestro, Leone cerca di dichiararsi colpevole di un tentativo di truffa. «Non capisco perché Spinelli abbia detto che ero incappucciato e invece non lo ero; faccio anche presente che quando ha dovuto telefonare a Silvio Berlusconi Spinelli è sceso in box a prendere un numero di cellulare nuovo, che non ricordava. Su questo numero il ragionier Spinelli poteva parlare con l'onorevole Berlusconi».

UNA IDEA TUTTA MIA

Il 4 dicembre, nuovo interrogatorio. «Il progetto era quello di fare una proposta a Spinelli, proporgli dei documenti che potevano riguardare la personalità dell'on. Berlusconi. Siccome dai giornali e da internet vedevo che Spinelli era un persona di fiducia di Berlusconi, con chi instaurare una trattativa ho ritenuto che fosse lui». Ma lei cosa aveva in mano? «Niente».

«L'ARRESTO» DI SILVIO

«Gli ho detto: guarda ho del materiale molto scottante che riguarda l'onorevole Berlusconi, che potrebbe riguardare il lodo Mondadori, la questione di Fini che lo voleva a tutti i costi fare arrestare (...) Avevo un foglio c'erano scritti dei nomi e degli appunti presi comunque dai giornali, il lodo Mondadori, le cifre, la Corte, il tribunale, gli avvocati. C'era tutto sui giornali». «Spinelli ha detto che erano cose molto interessanti e molto importanti».

LA CHIAMATA COL CAVALIERE

«Quando ho sentito quando parlava con Berlusconi ho cercato di fare mettere il viva voce per sentire la telefona, e sembrava che l'onorevole probabilmente avrebbe accettato la proposta. Dopo tre/quattro minuti ha chiamato l'avvocato Ghedini il quale diceva “no perché bisogna vedere che poi si pagano tante cifre per fare i falsi” e lui ha detto “no, no, falso non c'è”. E c'era pure la possibilità che della cifra che avevamo chiesto lì per lì magari, ma molto di meno, 400/500mila euro, era fattibile già nel giro di poco tempo».

STRATEGIA

«Abbiamo capito che la cifra richiesta era troppo alta, abbiamo capito che la situazione si poteva solo che complicare a abbiamo deciso di andare via. Io parlavo con Spinelli e dico: “ascoltami, la situazione è questa: se lui (Berlusconi, ndr) vuole, ci guadagna; se lui non vuole, ci rimette. Fammi capire un po' che cosa dobbiamo fare”. E lui mi dice: “il colloquio, il prosieguo, andiamo avanti, però non con queste modalità”. E io gli ho detto: “C'ha ragione, la vengo a trovare in ufficio”». Il pm Storari è incredulo: come pensava, non avendo niente in mano, di portare a casa qualcosa? Mi sembra una cosa pazzesca. «Ci abbiamo provato», risponde Leone.

LA TELEFONATA

I pm contestano a Leone contatti con utenze della Corte Costituzionale («mio cognato lavora lì») e della Camera («cercavo un avvocato»). E infine: «Lei riceve alle 12.48 una telefonata di un numero fisso del movimento politico Forza Italia, via dell'Umiltà 36. Perché ha ricevuto questa telefonata?» «Non ricordo».

IL PEZZO GROSSO

Il pm legge una intercettazione in cui Leone dice a un amico: “Vieni su perché ti devo far conoscere quel tizio là, c'è un pezzo grosso che mi deve fare conoscere, uno veramente pesante che gira intorno a Berlusconi”.

«Chi era questo pezzo grosso?» «Non esiste».

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