Ieri durante l'omelia nella parrocchia di Sant'Anna e nel suo primo Angelus, Papa Francesco ha parlato della misericordia, che ha definito «la pazienza di Dio». L'ha fatto con toni appassionati e semplici dicendo una verità profonda: c'è una libertà di Dio e una libertà dell'uomo che nella misericordia si confrontano. «Dio mai si stanca di perdonare: mai!» ha detto una prima volta durante la Messa e lanciando un messaggio dichiaratamente anti-moralista - «Pensate a quella chiacchiera dopo la vocazione di Matteo: ma questo va con i peccatori!» e accomunandoci tutti puri e impuri, cardinali e semplici fedeli, politici di vecchio corso e grillini di nuovo pelo: «Lui è venuto per noi», aggiungendo la condizione perché questa venuta non sia inutile: «quando noi riconosciamo che siamo peccatori».
Il forte messaggio di misericordia non poteva non colpire il cronista medio, che è però subito incorso nel peccato di omissione. Rilanciato nei vari radiogiornali il messaggio del Papa era sintetizzato con questa citazione: «Non dimenticate questo: il Signore mai si stanca di perdonare!». Punto. Ma Papa Francesco per ben tre volte ha aggiunto: «Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono!».
C'è in questa frase un chiaro appello del Pontefice gesuita e francescano alla libertà del singolo. Come a dire: non preoccupatevi di quello che spetta a Dio, lui fa la sua parte(come gli ha detto la «nonna» argentina citata durante l'Angelus: «Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe»), state certi - dice il Papa - che Dio non viene meno da questa sua natura (nell'evocazione della pazienza c'è un'evidente citazione dell'inno di san Paolo, «la carità è paziente»), preoccupatevi piuttosto di non stancarvi voi. È un rilancio autorevole e nello stesso tempo non formalistico del sacramento della confessione, che più che l'elenco puntiglioso delle nostre mancanze (che pure vanno riconosciute) è la mendicanza del cuore dell'uomo della misericordia di Cristo.
L'Angelus di domenica è stata una poderosa sintesi della seconda enciclica di Giovanni Paolo II, la «Dives in misericordia» (ricco nella misericordia), caratteristica già del Dio del Vecchio Testamento alla quale Cristo dà il «significato definitivo» perché «non soltanto parla di essa e la spiega con l'uso di similitudini e di parabole, ma soprattutto egli stesso la incarna e la personifica. Egli stesso è, in un certo senso, la misericordia».
Papa Francesco l'ha detto con un'immagine molto familiare, evocando la «Madonna che ha avuto tra le sue braccia la Misericordia di Dio fatta uomo».
Papa Wojtyla dedicava un intero capitolo alla misericordia come fondamento della giustizia, Papa Bergoglio ha detto icasticamente: «Un po' di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto».
Giovanni Paolo II ricordava che «la misericordia in se stessa, come perfezione di Dio infinito, è anche infinita Nessun peccato umano prevale su questa forza e nemmeno la limita. Da parte dell'uomo può limitarla soltanto la mancanza di buona volontà, la mancanza di prontezza nella conversione e nella penitenza». E poi ancora: «La Chiesa vive una vita autentica, quando professa e proclama la misericordia Gran significato ha in questo ambito la costante meditazione della parola di Dio e, soprattutto, la partecipazione cosciente e matura all'Eucaristia e al sacramento della penitenza o riconciliazione».
Francesco l'ha riassunta così: «Chiediamo la grazia di non stancarci di chiedere perdono». Non ha presentato statistiche né lamentele sulla caduta della pratica del sacramento della penitenza, ha mostrato la certezza nella misericordia e la fiducia nella libertà dell'uomo.
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