«Costruttori allo stremo, intervenga il governo»

«Costruttori allo stremo, intervenga il governo»

RomaSuicidi, fallimenti, imprese con l’acqua alla gola. Il settore dell’edilizia è tra i più tartassati dalla crisi economica. L’Associazione dei costruttori denuncia un calo di investimenti negli ultimi 5 anni del 24,1 per cento, con un balzo indietro ai livelli degli anni ’90. Meno 40,4 per cento nell’edilizia abitativa, meno 23,3 in quella non residenziale privata, meno 37,2 nei lavori pubblici. E 250mila posti di lavoro persi, che diventano 380mila con i settori collegati.
La crisi è così grave che, per la prima volta nella sua storia, l’Ance ha prorogato di un anno l’incarico del suo presidente, Paolo Buzzetti (al termine dei due mandati) e di tutta la dirigenza. Non c’è tempo per campagne elettorali e rinnovi di vertice, quando si è alle prese con la recessione.
Presidente Buzzetti, il suo è un governo di emergenza.
«Purtroppo sì. Per noi la crisi è iniziata già 4 anni fa e ora le imprese sono allo stremo, tra blocco degli investimenti, ritardi nei pagamenti, stretta creditizia e una tassazione insopportabile. Non basta il rigore, la politica deve indicare delle vie d’uscita, proponendo piani di sviluppo concreti. Se prima si è nascosta la crisi, ora si rischia di eccedere nel senso opposto, lanciando segnali negativi che caricano di angoscia imprenditori e dipendenti e colpevolizzano il cittadino medio».
Che il clima sia molto pesante tra i costruttori lo dice l’alto numero di suicidi, soprattutto nel Nord più produttivo.
«È dal 2010 che denunciamo i primi suicidi, in un territorio di frontiera come il Veneto, ma solo ora il dramma è esploso. In forte ritardo. É un problema drammatico e ci stiamo attrezzando sul territorio per fornire un’assistenza anche psicologica ai nostri associati in difficoltà. Ma il governo deve aiutarci a rompere questa cappa di depressione che ha conseguenze gravi come il suicidio. Il nostro è un Paese che sa reagire, bisogna però indicare il percorso giusto per uscire dal tunnel. Dare speranza. Far capire che la crisi non si affronta nella solitudine individuale, ma è un problema generale e sono state individuate delle soluzioni».
Ieri al convegno dell’Ance il ministro per lo Sviluppo, Corrado Passera, ha definito una «superidea» il vostro «Piano per le città» e il viceministro alle Infrastrutture, Mario Ciaccia, ha annunciato un progetto-pilota in 3 centri italiani. Il governo vi sostiene?
«Riconosciamo i meriti internazionali del governo Monti, apprezziamo i sei miliardi trovati per le piccole opere, lo sforzo fatto per gli interventi sulle scuole. Ma il settore dell’edilizia, dopo la mazzata dell’Imu, ha bisogno di una politica di crescita che ancora non c’è. Abbiamo presentato le nostre proposte per rimettere in moto il settore nel convegno romano, ne faremo uno a fine mese a Milano e poi un evento finale nella capitale. Per noi sono importanti le parole di Passera e di Ciaccia sul “Piano per le città”, che coinvolge istituzioni, investitori, imprese, ordini professionali e società civile per interventi di manutenzione dei fabbricati, di riqualificazione delle periferie, di risparmio energetico. Ma i sindaci possono adottare programmi così solo se viene allentato il Patto di stabilità. É questa è la prima cosa che dovrebbe fare il governo».
Le altre quali sono?
«Servono strumenti fiscali adeguati, come favorire la neutralità dell’Iva, perché non sia né un costo né un ricavo per l’imprenditore. Non si può puntare solo sull’aumento delle tasse e sulla repressione dell’evasione. Giustissimo, per carità, ma quelli che le tasse le pagano, vogliamo salvarli dal tracollo? Se sale la spesa corrente e non si tocca la spesa pubblica come si rimettono a posto i conti? Sembra che manchi, nella manovra economica, una strategia di sviluppo. Anche per l’articolo 18 la pubblica amministrazione non si tocca e il peso ricade sui privati. Ma la vera riforma in questo campo sarebbe l’abbattimento del costo del lavoro».
E per i ritardi nei pagamenti pubblici alle imprese?
«Ci vuole una forma di compensazione: una sorta di scambio con la detrazione dei debiti della Pa dalle tasse degli imprenditori. É assurdo che lo Stato non paghi e poi tartassi società di cui è debitore. In direzione opposta va l’emendamento presentato in Senato al dl Semplificazioni fiscali: scarica gli oneri della riscossione del credito sulle imprese e libera le banche dalle responsabilità. Forse le lobby hanno fatto pressioni».
A proposito di banche: parliamo di stretta creditizia.


«È una situazione grave. L’Ance sta lavorando per allargare ad altre grandi banche la convenzione stipulata con Unicredit - due miliardi, di cui già spesi 350 milioni - per sostenere gli associati finanziando iniziative di sviluppo».

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