Cresce l'offensiva di Pd e Ncd: per Renzi settimana in trincea

Riforme, fuoco amico sul premier. Quagliariello avverte: "Questa legge elettorale non la votiamo". E la fronda democratica farà di tutto per affondare l'intesa col Cav

Cresce l'offensiva di Pd e Ncd: per Renzi settimana in trincea

Il quasi plebiscito delle elezioni europee è storia antica, almeno per la maggioranza irrequieta che sostiene Matteo Renzi. Un 40,8% archiviato, tanto che per il premier si annuncia un luglio fitto di ostacoli in stile Prima Repubblica. Dopo qualche avvisaglia nelle settime passate e una pausa «europea» per fare fronte ai «no» di Bruxelles e della Germania, ieri su Palazzo Chigi è piovuta una grandinata di distinguo, ultimatum e avvertimenti. Fuoco amico, come tradizione.

Sul piede di guerra, pezzi rilevanti dei due principali partiti della coalizione, il Nuovo centrodestra e lo stesso Partito democratico. Sotto i riflettori, tutti i pricipali nodi, a partire da sistema elettorale e riforme istituzionali. La proposta per il Senato delle autonomie e il nuovo Titolo V (il federalismo) sono in commissione Affari costituzionali del Senato e l'obiettivo del ministro Maria Elena Boschi è farle arrivare in aula il 9 luglio. Il mandato di Renzi è chiaro: approvare almeno una riforma in tempo per il Consiglio europeo del 16 luglio.

Ma prima di arrivare al traguardo c'è da fare votare l'emendamento sull'immunità e, soprattutto, la composizione della nuova Camera alta. L'intesa Renzi-Silvio Berlusconi regge, ma la fronda cresce. L'offensiva del democratico Vannino Chiti per il Senato elettivo è proseguita anche ieri: «Non si obbedisce a ordini di partito, ma alla propria coscienza». Le tesi sono quelle di Gianni Cuperlo che ieri ha negato l'esistenza di un «fronte dei guastatori nel Pd che punta al disastro», ma poi ha confermato il no degli anti renziani di SinistraDem sui temi più importanti. «No a derive presidenzialiste. Un Senato non elettivo è una soluzione compatibile col nuovo ordinamento?».

Obiettivo del Pd, più che incidere sul merito delle riforme, impedire che sulle regole del gioco ci sia un'intesa con Berlusconi. Oggi dovrebbe esserci l'incontro tra le delegazioni democratiche e quelle del Movimento 5 stelle, che non dovrebbe riservare sorprese.

A Renzi serve semmai ritrovare un'intesa con il Nuovo centrodestra che ieri ha attaccato il governo su più fronti. In primo luogo sull'Italicum, il sistema elettorale concordato da Pd e Fi. «Se rimane ferma l'intesa Renzi-Berlusconi così com'è, noi non la votiamo. Ci saranno cambiamenti», è l'avvertimento del coordinatore del Ncd, Gaetano Quagliariello. In gioco c'è, come per la minoranza Pd, l'eccesso di potere dato al primo partito e l'esclusione dei piccoli. «La soglia per il premio di maggioranza - ha spiegato il ministro dell'Interno Angelino Alfano - va alzata al 40%, le diverse soglie di sbarramento andrebbero armonizzate e razionalizzate. Ed è inaccettabile che se in una coalizione la soglia la supera solo un partito il premio vada solo a quello benché guadagnato con i voti di tutta la coalizione».

Ma c'è anche il lavoro ad agitare il sonno di Renzi. Nella delega in discussione al Senato si sono creati due fronti, se non tre, sul tema-tabù dell'articolo 18 (cioè il reintegro obbligatorio per i lavoratori licenziati senza giusta causa, previsto dallo Statuto dei lavoratori del 1970). L'ex ministro Maurizio Sacconi, oggi Ncd, ne ha fatto un tema dirimente. «Nell'area di maggioranza coabitano riformisti e conservatori e l'esito delle riforme strutturali, dalle istituzioni al lavoro, al fisco, alla giustizia, non è scontato. Toccherà a Renzi scegliere tra le opposte spinte: si o no ad articolo 18, diritti del contribuente alla certezza fiscale, minore tassazione su impresa e proprietà, responsabilità civile del magistrato, ripristino del primato dello Stato?».

Contro questa linea un altro ex ministro, il democratico Cesare Damiano che ha bollato il Nuovo centrodestra «ultimi giapponesi del

liberismo». Ma dentro la maggioranza c'è anche un'ala più «renziana» che preferirebbe affrontare il tema da un altro punto di vista, quello del contratto unico a tutele crescenti. Una babele, in attesa del prossimo plebiscito.

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