Pubblichiamo la parte relativa al Consiglio superiore della magistratura dell'inchiesta di Annalisa Chirico sugli sprechi della giustizia, in edicola oggi su Panorama.
di C'è un settore in cui, anche in tempi di spending review, i tagli diventano taglietti, se non operazioni di vero e proprio maquillage. È la giustizia, dove capitoli di spesa ed enti paiono intoccabili. Il più intoccabile è il Consiglio superiore della magistratura, principale tra gli organi di autogoverno del terzo potere. Accanto al Csm infatti esiste un omologo per la giustizia tributaria, il Consiglio di presidenza, c'è poi quello della giustizia amministrativa, un altro ancora per quella contabile, nonché un Consiglio della magistratura militare.
Andiamo per ordine. È un dato ormai incontestato che il Csm, organo costituzionale deputato a garantire l'indipendenza della magistratura, sia diventato un surrogato sindacale legato a doppio filo all'Associazione nazionale magistrati. Il meccanismo è semplice: le correnti politicizzate chiedono voti ai magistrati e in cambio offrono favori da parte dei rispettivi consiglieri in seno al Csm. Il sindacato delle toghe, diviso in correnti, è l'azionista di maggioranza assoluta e decide su trasferimenti, promozioni, procedimenti disciplinari, incarichi extragiudiziari. I consiglieri, insomma, sono chiamati a regolare le carriere di coloro ai quali devono nomina e prebende.
Ma quanto costa il Csm? Scovare bilanci e cifre attuali non è facile, perché nei suoi corridoi il termine trasparenza è sconosciuto. Gli ultimi dati ufficiali sono contenuti in una Gazzetta ufficiale del 2011: due anni fa il budget del Csm ammontava a 35 milioni 374 mila euro, per una pianta organica di 243 addetti. Lo stipendio del suo vicepresidente Michele Vietti, per legge equiparato a quello del primo presidente della Corte di Cassazione, è di 140.904 euro netti. Lo stipendio degli otto consiglieri eletti dal Parlamento ammonta a circa 111mila euro, sempre al netto, cui vanno sommate le indennità di presenza. Queste vanno anche ai 16 componenti togati, che invece continuano a percepire la retribuzione da magistrato. Fino al 2011 i compensi dei consiglieri potevano gonfiarsi a dismisura grazie al meccanismo perverso dei gettoni di presenza, che consentiva di ottenere 306 euro per la partecipazione a un plenum, 144 euro per una seduta di commissione o del comitato di presidenza, 351 euro per le sezioni disciplinari. In questo modo un consigliere che sostava anche per poco in una commissione diversa dalla propria accumulava gettoni. Gli abusi hanno poi indotto il Csm a porre qualche freno. Le nuove regole vietano di partecipare a commissioni diverse da quella di appartenenza e fissano un tetto alle indennità: si può arrivare a 2.760 euro netti mensili per i membri laici, a circa 4 mila netti per i togati.
Ma ci sono altri mille rivoli di spesa, basta analizzare il bilancio. Si scopre che poco meno di 4,9 milioni sono stati destinati alla voce «oneri dei componenti del Csm»: i 24 eletti più i due di diritto, cioè il primo presidente e il procuratore generale della Cassazione. Costoro si riuniscono soltanto 12 volte al mese, ovverosia quattro volte a settimana per tre settimane, fatta eccezione per i membri della sezione disciplinare che si trattengono a Roma anche il venerdì (per un totale di 15 giorni al mese). E la quarta settimana? Vietti chiarisce che questa «settimana bianca» con cadenza mensile «non è una vacanza: consente ai consiglieri di studiare e approfondire le pratiche da trattare».
Nel 2011 sono stati pagati 630mila euro di straordinari ai dipendenti del Csm, tra i quali spiccano 30 addetti ai «servizi ausiliari e di anticamera», otto dattilografi, una ventina di uscieri e 20 autisti. Le 23 auto blu, che prima del 2011 erano 31, due anni fa sono costate 300mila euro, mentre 433mila euro sono serviti a coprire le spese per pulizia, traslochi, facchinaggio, smacchiatura di tappeti e tendaggi.
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