Dalle intese con i democratici al ruolo nel Pdl di Alfano: ecco le ultime di Berlusconi

Il Cavaliere: "Angelino è amato ma gli manca un quid". La Santanchè: "Alle prossime elezioni un nuovo partito". Effetto primarie: il popolo azzurro ritrova la fiducia

Dalle intese con i democratici al ruolo nel Pdl di Alfano:  ecco le ultime di Berlusconi

dal nostro inviato a Bruxelles

Non dice «sì» a una grande coalizione nel 2013 come raccontano alcuni flash d’agenzia, ma si limita ad un più prudente «vediamo». D’altra parte, non avrebbe senso che Silvio Berlusconi si spingesse tanto in avanti quando il quadro politico è ancora così instabile e imprevedibile. Al punto che ancora non si sa quali saranno gli schieramenti che si contrapporrano alle politiche del prossimo e con quale legge elettorale si andrà al voto, visto che - dice il Cavaliere ai giornalisti lasciando il vertice del Ppe - «sto aspettando che il Pd si decida e si sieda al tavolo per fare le riforme istituzionali, compresa quella elettorale». E viste le tante incertezze è difficile anche fare previsioni su quali saranno i candidati premier. Compreso Angelino Alfano, ammette Berlusconi. «È bravo e tutti gli vogliono bene, ma - spiega il leader del Pdl - gli manca un quid, gli manca la storia». Insomma, «io sto lì a sostenerlo» e «poi vediamo». Una battuta dietro la quale potrebbe esserci anche la tentazione di rimettersi in pista, visto che nelle ultime settimane il Cavaliere - nelle sue riflessioni private - non esclude più di «tornare in prima linea». Chissà, magari con un cartello elettorale tra diversi soggetti sotto le insegne di «Tutti per l’Italia». Almeno stando al sibillino tweet di Daniela Santanchè: «Alle prossime elezioni “Tutti per l’Italia”. La grande casa dei moderati. Vedrete».

Tutte decisioni, queste, che hanno ancora bisogno del tempo per maturare visto che prima della tornata amministrativa di maggio è difficile che lo scenario si diradi. Ecco perché Berlusconi spera sì in un Pd che sieda al tavolo della riforma elettorale ma ancora non ha le idee chiare su quale potrebbe essere il sistema di voto migliore. È chiaro, infatti, che tutto dipenderà dalle alleanze. E se il Cavaliere continua a tendere la mano alla Lega («penso che non esistano situazioni tali da non poter recuperare» con il Carroccio), è ben diverso il rapporto con l’Udc. Pier Ferdinando Casini, anche lui a Bruxelles per il vertice del Ppe, non ha esitazioni a definire «impossibile» che lui e Berlusconi possano «tornare di nuovo insieme». E quindi è probabile che alla fine il Cavaliere - se davvero si arriverà a riformare la legge elettorale - prediliga il modello tedesco. «Il sistema di voto? Dipende da cosa decide di fare Casini. Se viene con noi e facciamo qualcosa insieme - spiega lasciando il Palais Royal di Bruxelles - possiamo limitarci anche a pochi ritocchi, se invece va da solo si fa altro. Diciamo che un sistema alla tedesca per noi può andare bene». Magari con un sbarramento alto, tra l’8 e il 10 per cento.

Prendere tempo, dunque. E tenere sul tavolo tutte le opzioni possibili. Compresa quella di una grande coalizione anche nel 2013. Il Cavaliere non la esclude a priori e, dunque, la considera una possibilità. Non una certezza come sembrerebbe leggendo alcune agenzie di stampa che da Bruxelles rilanciano le dichiarazioni dell’ex presidente del Consiglio. È invece eloquente l’Agi delle 16.58 che titola così: «Berlusconi, grande coalizione dopo il 2013? Vediamo». Un’apertura, dunque. Anche perché tutto «dipende da ciò che avverrà, dalla possibilità di trovare un accordo sulle riforme con l’opposizione e la sinistra». «Noi - prosegue il Cavaliere - abbiamo fatto un passo indietro con generosità e senso dello Stato perché riteniamo che l’Italia necessiti di riforme dell’architettura istituzionale senza le quali non è governabile». Insomma, «siamo stati responsabili» e «continueremo a esserlo».
Al momento, dunque, quel che è davvero certo è che il sostegno al governo «non è in discussione». Perché, spiega Berlusconi, «tutto quello che fa l’esecutivo Monti è in assoluta continuità con ciò che avevamo preparato noi».

La differenza, aggiunge l’ex premier, è «solo che al governo Monti è possibile utilizzare lo strumento del decreto legge che a noi veniva precluso» e nel fatto che ora «in Parlamento maggioranza e opposizione votano i suoi provvedimenti».

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