RomaÈ durato poco l'entusiasmo per il «primo passo» del governo verso la restituzione dei soldi che lo Stato deve alle imprese. La contrarietà delle aziende ieri era più netta rispetto al giorno del varo e i distinguo si sono fatti più consistenti.
Il problema emerso ieri riguarda l'entità. Il ministro dell'Economia Vittorio Grilli ha annunciato l'immissione di liquidità nel sistema economico per 40 miliardi, 20 quest'anno e altri 20 nel 2014. Quaranta miliardi, hanno osservato imprese e politici, coprono poco più della metà dei debiti della Pa scaduti, così come sono stati stimati da Bankitalia, cioè 70 miliardi di euro. Una stima che è già prudenziale. Dal piano, se e quando sarà attuato, restano fuori come minimo 30 miliardi.
Nessun commento dall'esecutivo europeo, che - attraverso la lettera dei commissari Antonio Tajani e Olli Rehn - aveva dato all'Italia la possibilità di trasformare il debito commerciale in debito pubblico, e quindi sforare i vincoli di bilancio concordati da Roma con Bruxelles, pur di dare respiro all'economia e fare un po' di pulizia nei conti.
Dopo i primi giudizi positivi, Tajani, senza entrare nel merito, ha detto che l'Italia «deve fare uno sforzo per pagare tutti i debiti» della Pubblica amministrazione: «Serve un piano una tantum» per risolvere nell'arco di due anni, una volta per tutte, la questione. Un piano da presentare a Bruxelles.
Parole che sembrano nascondere la sorpresa per un'agenda troppo timida e ancora poco chiara. Il ministro Grilli giovedì ha annunciato che per l'anno in corso il pagamento dei debiti degli enti pubblici, comporterà uno aumento del rapporto deficit-Pil di mezzo punto. Dal 2,4% previsto passerà al 2,9%.
Il governo Monti, insomma, chiuderà il «suo» anno rispettando il tetto del 3%. Più realista del re, visto che dalla Commissione c'è la disponibilità a fare passare uno sforamento, a patto che sia finalizzato esclusivamente al pagamenti dei debiti commerciali della pubblica amministrazione.
Se il ministro dell'Economia e il premier Mario Monti avessero annunciato un deficit al 4% per saldare subito le aziende creditrici, strozzate dalla crisi e dallo Stato che non paga, Bruxelles non avrebbe avuto niente da ridire. D'altro canto la Spagna, che ha varato un efficace piano di rientro nel 2012, ha presentato un rapporto deficit-Pil del 6,7%.
Sembra quasi che il governo tecnico non abbia voluto lasciare nelle serie storiche statistiche, uno sforamento, proprio nell'anno del suo mandato. Ma per le imprese, rientrare in possesso delle risorse non pagate dalla Pa resta un'emergenza.
Ieri sono arrivate altre condanne. Il piano «è deludente e non risponde affatto alla necessità di dare immediatamente una boccata d'ossigeno a migliaia di imprese in gravissima difficoltà e strangolate, tra l'altro, dal perdurante blocco del credito», ha protestato Giuliano Poletti, presidente dell'Alleanza delle Cooperative Italiane, anche a nome dei copresidenti Maurizio Gardini e Rosario Altieri. Deluse anche le banche. Lo sblocco dei pagamenti dei debiti della pubblica ammministrazione deve avvenire subito, con una «procedura accelerata», e non aspettare la costituzione di un nuovo governo, ha detto ieri il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli.
Tra i pochi soddisfatti, il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, anche se, ha precisato ieri, «ci aspettavamo di più dal punto di vista dell'entità dei rimborsi e della loro rapidità: noi avevamo quantificato in 48 miliardi la cifra da considerare, mentre il governo ha indicato la liquidazione di 40 miliardi in due anni».
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