Adesso la Procura della Repubblica corre ai ripari. Sul tema delicato dei reati a mezzo stampa e del carcere per i giornalisti, il procuratore Edmondo Bruti Liberati - con un provvedimento senza precedenti - ha deciso di dirigere personalmente le inchieste. Tutti i pubblici ministeri sulle cui scrivanie arriveranno fascicoli per diffamazione dovranno concordare direttamente con il capo la gestione dell'indagine e le richieste di rinvio a giudizio e di condanna. Il comunicato ufficiale diramato ieri parla di esigenze di «coordinamento». Ma è chiaro a tutti (e Bruti non lo smentisce) che il problema è il trattamento da riservare a questi reati. Bruti - in linea con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - ritiene inaccettabile e sproporzionata la pena detentiva. Ma a Milano non tutti i pubblici ministeri e non tutti i giudici la pensano come lui: come dimostrano i casi di Alessandro Sallusti e di Giorgio Mulé, direttori del Giornale e di Panorama, condannati al carcere senza attenuanti e senza condizionale.
Così Bruti ieri convoca la stampa e annuncia la svolta. E chissà se è solo una coincidenza che l'annuncio di Bruti Liberati arrivi all'indomani della decisione del Consiglio superiore della magistratura nei confronti di Francesco Messineo, procuratore di Palermo, autore della denuncia contro Giorgio Mulé sfociata nella condanna del giornalista ad un anno di carcere. A Messineo il Csm riserva giudizi assai più severi di quelli contenuti nell'articolo di Panorama e giudicati gravemente diffamatori dalla sentenza milanese. La paradossalità della situazione difficilmente sfugge a Bruti. Così il procuratore rende noto che, utilizzando i suoi poteri gerarchici, d'ora in poi seguirà direttamente tutti i fascicoli per diffamazione a mezzo stampa.
Per dare l'idea della rilevanza della decisione di Bruti, basti pensare che la diffamazione è l'unico, degli oltre cinquecento reati previsti dal codice penale, per cui il procuratore capo seguirà direttamente le indagini. Tutti gli altri reati continueranno a essere coordinati dai procuratori aggiunti dei pool specializzati. Le denunce per diffamazione continueranno a essere smistare in automatico dal sistema elettronico, e arriveranno a caso sui tavoli di tutti i sostituti procuratori. Ma appena il pm si accorgerà che si parla di reati a mezzo stampa, dovrà andare a bussare alla porta del capo.
Che Bruti Liberati la pensasse diversamente da molti suoi pm in tema di cronaca e giustizia, lo si era visto chiaramente già l'anno scorso, in occasione del caso Sallusti. Pur di evitare che il direttore del Giornale finisse a San Vittore, il procuratore aveva sfidato tutti i pm dell'ufficio esecuzione che spingevano per la linea dura. Fu Bruti a volere che a Sallusti venissero concessi gli arresti domiciliari anche contro la sua volontà, senza neanche passare per il carcere. Pochi giorni dopo, come è noto, arrivò a Sallusti la grazia firmata da Napolitano.
Probabilmente Bruti pensava di avere già chiarito a sufficienza ai suoi colleghi il suo pensiero in quella occasione. Ma recentemente ha dovuto prendere atto che le cose continuavano ad andare diversamente dalla sua volontà, e che si continuavano a spedire i giornalisti in carcere. Della condanna senza condizionale di Giorgio Mulé e del giornalista Andrea Mercenaro, Bruti lo ha appreso dalla stampa all'indomani della sentenza. È andato su tutte le furie, ha chiesto una relazione sull'accaduto. E ha deciso di scendere in campo personalmente.
Non verrà costituito un gruppo di pm specializzati in diffamazione, come era trent'anni fa, al tempo del procuratore Gresti: e che si erano ritrovati a gestire di fatto un potere quasi assoluto sul sistema dell'informazione. Ma il coordinamento diretto da parte di Bruti dovrebbe garantire una uniformità di trattamento - e dovrebbe essere un trattamento garantista - almeno per quei giornalisti che avranno la fortuna di ricadere sotto la giurisdizione territoriale della Procura milanese.
I primi segnali si vedono già: Maurizio Belpietro, direttore di Libero, è stato assolto dall'accusa di avere diffamato l'avvocato di Patrizia D'Addario. E in udienza il pm, in linea con il pensiero del capo, aveva chiesto solo un'ammenda.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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