I magistrati erano partiti dal Lazio: l'arresto del pidiellino Franco Fiorito, il Batman dei rimborsi, fece scoprire uno scandalo sommerso, quello delle spese senza controllo ai gruppi politici delle Regioni. Era il luglio 2012; a settembre il governatore Renata Polverini diede le dimissioni. Si venne a sapere di analoghe indagini in altre nove regioni: Piemonte, Emilia-Romagna, Sicilia, Campania, Sardegna, Basilicata, Marche, Molise, Calabria. A dicembre scoppiò il caso Lombardia che ha trascinato nel fango - tra gli altri - Renzo Bossi e ha dato l'addio a Roberto Formigoni.
Poi il silenzio. Fino alla settimana scorsa, quando la procura di Genova ha indagato il presidente del Consiglio regionale Rosario Monteleone (Udc) e il capogruppo dello stesso partito. E l'altro giorno la Procura di Bologna, dopo un anno di accertamenti, ha spedito avvisi di garanzia ai nove capigruppo del Consiglio regionale emiliano-romagnolo, compreso il rappresentante grillino Andrea Defranceschi. Libri, fiori, gioielli, profumi, perfino un forno a microonde e medicinali, senza contare le cene: spese estranee all'attività istituzionale. La Guardia di finanza ha spulciato 35mila voci di spesa di questa legislatura. Quella precedente, dal 2005 al 2010, al momento è stata accantonata perché il lavoro è troppo per le poche forze di indagine disponibili.
Quando fu arrestato Fiorito, tutti si scagliarono contro il suo partito, il Pdl. Poi toccò alla Lega in Lombardia, già bastonata dallo scandalo Belsito, l'ex tesoriere. Settimana scorsa ha fatto scalpore il caso di Monteleone, un pezzo grosso - anche per la stazza - dell'Udc, che ebbe un'ora di celebrità lo scorso aprile quando ricevette 15 voti in uno degli scrutini per l'elezione del capo dello Stato. Le spese fuori controllo delle Regioni sono una montagna di soldi. Tra il 2011 e il 2012, per fare un caso, la Regione Lazio ha distribuito 14 milioni: 7 milioni l'anno per i 70 consiglieri fanno, in media, un «fuoribusta» aggiuntivo di 100mila euro a testa. E non hanno colore politico. O meglio, sono un arcobaleno che li comprende tutti. Basta guardare a Bologna: l'avviso di garanzia è arrivato ai rappresentanti di Pd, Federazione della sinistra, Sel-Verdi, Idv, Pdl, Lega, Udc, gruppo misto e, appunto, il movimento di Beppe Grillo. In tutta Italia i consiglieri regionali indagati sono 279: 56 in Piemonte, 62 in Lombardia, 20 in Friuli-Venezia Giulia, 9 in Emilia-Romagna, 2 in Liguria, 10 nel Lazio, 53 in Campania, 4 in Basilicata, 10 in Calabria (nelle note spese si va dai gratta e vinci, ai 70 centesimi del caffè al bar, alla lap dance), 53 in Sardegna dove si rimborsavano Rolex, penne e perfino pecore.
L'accusa prevalente è di peculato, cioè il reato commesso da un funzionario pubblico o incaricato di pubblico servizio (come un rappresentante politico) che si appropria di denaro pubblico a scopi privati. Tutti dentro i fascicoli di indagine, dunque, compresi i moralizzatori a Cinque stelle, i lanciatori di «vaffa» contro la casta delle ruberie, i presunti rinnovatori che si adeguano subito all'andazzo. Sul blog di Grillo ieri si potevano leggere accuse a Renzi, proteste di madri di ragazzi disabili, notizie dall'Emilia-Romagna come la discarica di Budrio o l'aeroporto di Rimini, ma niente sul loro consigliere regionale indagato.
Doni e festini coi soldi pubblici: sono 280 i consiglieri indagati
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.