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E adesso sono a rischio imposta persino gli eremi

E adesso sono a rischio imposta persino gli eremi

Milano La fiducia nella Provvidenza appare salda. «Confidiamo che tutto si risolva nel migliore dei modi» dicono le vittime sacrificali dell’Imu sul mondo non profit. Non sanno ancora di che morte dovranno morire e sperano che alla fine prevalga il buon senso. Se così non fosse, si profilano all’orizzonte paradossi come chiedere agli eremiti di pagare l’Ici come fossero un albergo. E questo perché offrono accoglienza, un pasto e un letto, alle persone in cerca di ritiro spirituale. Attività commerciale? Impossibile dirlo, al momento.
«Quasi tutti gli eremi sono in difficoltà già adesso, non sappiamo come mantenerci, ma se ci sarà da pagare, pagheremo. Saremo costretti a fare meno beneficenza, a non sostituire lo Stato sia con i poveri che con i meno poveri» spiegano da uno dei luoghi di preghiera e nascondimento arroccati tra le montagne e i laghi della Lombardia. Persone che vivono ogni giorno della vita lontane da tutto, nella preghiera. Chi arriva lassù, offre quel che può: «Se possono permettersi dieci euro, danno dieci euro. Se cinque, cinque. Se niente, niente». A volte sono giovani in cerca di un’alternativa ad alcol e serate spericolate in discoteca. Una forma di assistenza senza clamori, fatta non di solo pane.
Le tasse che rischiano di abbattersi sulle scuole paritarie sono uno degli aspetti controversi della nuova Imu, forse il più rilevante. Ma sono tante altre le realtà di assistenza corporale e spirituale che rischiano di essere messe in ginocchio. «Attività di carattere sociale come gli oratori, i centri di accoglienza per immigrati e per minori a rischio, i centri di aggregazione giovanile. E mi fermo a elencare ciò che noi salesiani facciamo in Italia» spiega don Mario Tonini, presidente del Centro nazionale opere salesiane, responsabile delle attività di Scuola, formazione e aggiornamento professionale.
Don Tonini è ottimista: «Vediamo segnali positivi da parte del governo, che vanno nella direzione di distinguere dove c’è veramente lucro e dove una finalità educativa. Speriamo in una soluzione adeguata». Ma l’allarme resta: «A confronto di una situazione europea in cui sono garantiti finanziamenti stabili, perché si riconosce il valore sociale delle opere, in Italia viviamo in continua precarietà. Ogni tanto, qualche Regione toglie o blocca o riduce i fondi».
Eppure questi luoghi garantiscono un’azione preventiva molto significativa. «I centri contro la tossicodipendenza sono fondamentali per il recupero del disagio. I centri di aggregazione giovanile sono fondamentali per prevenirlo, il disagio. Creano luoghi di vita sana che salvano da forme di devianza. Sono luoghi educativi e non commerciali» riflette don Tonini. Discorso analogo per gli istituti di formazione professionale: «Sarebbe come tassare la mensa della Caritas che accoglie gli immigrati. Togliere a un povero questa opportunità significa renderlo più povero. Spesso ad accedere alla formazione professionale sono giovani che non hanno altre possibilità, immigrati che non si possono pagare una retta, ragazzi bocciati alle superiori. Frequentando un corso trovano inserimento, a volte si rimotivano e vanno all’università. È una forma di giustizia sociale».
Con nuove tasse, la situazione già difficile del welfare diventerebbe impossibile. «Ci costringerebbero a una soluzione elitaria, cioè ad alzare le rette. Ma non è nella nostra tradizione.

Una soluzione del genere ci metterebbe in grave crisi» si accalora il responsabile delle opere educative fondate da don Bosco. Le imposte alla fine graverebbero sulle famiglie: «Per loro quelle rette sono già un costo vivo, non deducibile dalle tasse. E per noi è già difficile far quadrare i conti così...».

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