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E anche Wanna Marchi fa ricorso a Strasburgo

Il magistrato svelò la condanna prima della sentenza. La difesa: "Diritti violati"

E anche Wanna Marchi fa ricorso a Strasburgo

L'intervista show di Antonio Esposito invade ancora giornali e tv come un'onda anomala. E lui, il giudice del Cavaliere, si ritrova sempre più al centro dell'attenzione. Ora, e pare incredibile, anche Wanna Marchi, l'urlatrice di Castel Guelfo, ha deciso di portare Esposito, o meglio la claudicante giustizia italiana, a Strasburgo, davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo.

Il motivo è molto semplice: anche la Marchi ha letto sul Giornale il documentatissimo articolo firmato da Stefano Lorenzetto, giornalista e scrittore con un passato nella redazione di via Negri.

Ricordate? In quel pezzo Lorenzetto rievocava una cena avvenuta a Verona, in occasione della consegna del premio «Fair play», il 2 marzo 2009. Nel corso della festa Lorenzetto aveva conosciuto proprio lui, Antonio Esposito. E il magistrato, fra una portata e un brindisi, l'aveva deliziato descrivendo le presunte performance a luci rosse del Cavaliere, lo stesso Cavaliere che Esposito ha condannato la scorsa settimana con sentenza definitiva. Non solo: già che c'era, gli aveva preannunciato un altro verdetto importante: quello che di lì a un paio di giorni avrebbe travolto proprio Wanna Marchi, la regina delle teletruffatrici, e la figlia Stefania. Affondate, rispettivamente con 9 anni e 6 mesi e 9 anni e 4 mesi di carcere.
Quella sera, a sentire Lorenzetto, Esposito era stato perentorio: la Marchi che gli stava, per usare un eufemismo, antipatica, era colpevole. Senza se e senza ma. E puntualmente di lì a poche ore arrivò la condanna, irrevocabile, come si dice in questi casi, per madre e figlia.

Giù il sipario, dunque. Le Marchi erano scomparse dai nostri radar. Peccato che le sentenze non possano però essere anticipate, così come non si dovevano bruciare sul tempo le motivazioni del processo Mediaset che il relatore deve ancora vergare. Ma Esposito corre in avanti. Troppo. Con Silvio Berlusconi e con Wanna Marchi, senza aspettare quel momento burocratico e noioso, ravvivato da chissà quali sbadigli, chiamato camera di consiglio. Così le Marchi, dopo aver digerito la clamorosa sorpresa, hanno deciso di giocare la carta del ricorso a Strasburgo: se le rivelazioni a posteriori sono esatte, il presidente del collegio non era imparziale.

«Attenzione - spiega l'avvocato Liborio Cataliotti - Wanna Marchi non intende negare le proprie responsabilità e neppure cerca una qualche scorciatoia rispetto alla pena, in gran parte già scontata, e al successivo percorso di reinserimento nella società insieme alla figlia. Wanna ha avuto prima il lavoro esterno, poi la sospensione della pena; Stefania ha lasciato la cella per motivi di salute ed è detenuta ai domiciliari. Però le Marchi chiedono come tutti che i loro diritti fondamentali siano rispettati».

Dunque, a Strasburgo si cercherà di capire se la Suprema corte abbia agito in modo canonico oppure se quelle confidenze spifferate nel bel mezzo di un banchetto conviviale costituiscano una ferita che oggi deve essere sanata.

Il viaggio a Strasburgo non sarà una passeggiata: ci vorrà tempo e certo un'eventuale condanna non riabiliterebbe la Marchi, a capo di una vera e propria associazione a delinquere pensata per spolpare migliaia e migliaia di creduloni sparsi su tutto il territorio nazionale, ma sarebbe uno schiaffo per l'alto magistrato e soprattutto per la credibilità della nostra giustizia sulla vetrina internazionale. Cataliotti, l'avvocato di Reggio Emilia che i lettori del Giornale conoscono bene perché a lui è affidata la maxi-causa civile, una sorta di class action, contro Antonio Ingroia, è pronto alla battaglia. E questa volta è lui a suggerire il possibile finale: «Se otterremo un risarcimento i soldi andranno dritti alle parti civili». Sì, alle vittime dei raggiri della teleimbonitrice.

Senza trucco e senza inganno.

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