RomaSparita, evaporata, la squadra non c'è più. La Cancellieri è fuori. «Il ministro non parteciperà alle prossime elezioni», precisano dal Viminale. Via pure la Severino, nemmeno lei vuole candidarsi. E la Fornero se n'è già andata a sciare. Ma l'abbandono più pesante è quello di Corrado Passera. Sembrava l'uomo forte, l'eminenza grigia, il predestinato: invece, stritolato nella tenaglia Casini-Montezemolo e lasciato solo dal Prof, ha dovuto cedere all'opa ostile neodemocristiana. Così accanto a Monti, oltre all'inossidabile Moavero, è rimasto solo Andrea Riccardi. Teorizzatore della «sintesi equilibrata» tra partiti e società civile, è lui il vero vincitore della partita delle liste.
Una soltanto al Senato per superare lo sbarramento, due alla Camera per «rispettare le identità». Con questo schema, avallato da Monti, Passera si dichiara «non più disponibile» a proseguire. «Peccato, si è persa un'ottima occasione - lo sfogo a caldo con gli amici - si era a un passo da un soggetto nuovo che poteva fare la differenza». Adesso al ministro dello Sviluppo non resta che cercare un altro lavoro.
Chiuso nell'ufficio di via Veneto, parla al telefono, smanetta con il computer, manda mail e spiega il perché della frenata. Sereno, «convinto di aver combattuto la battaglia giusta», certamente «amareggiato» per l'esito, ma determinato a fermarsi per un po'. Del resto, dopo lo strappo dell'altra sera, racconta ai collaboratori, sarebbe stata una forzatura andare avanti. Dopo il braccio di ferro con Casini, impossibile fare finta di niente.
Eppure, che le cose per lui si stessero mettendo male, Passera lo aveva capito da giorni. Voleva le chiavi, gliel'hanno tolte. Voleva fare il dominus del Terzo Polo, il plenipotenziario del Prof, un amministratore delegato con potere di linea e diritto di veto sulle candidature. Poi però lo scenario è cambiato, Monti ha deciso di non restare sullo sfondo ma di «salire», di impegnarsi direttamente e i suoi spazi di manovra si sono drasticamente ridotti.
L'ultima trincea era il listone. Il passo avanti del premier, secondo il ministro, poteva comunque rappresentare l'occasione giusta per rompere gli schemi destra-sinistra-centro e cambiare la politica in Italia. Dai criteri di selezione delle candidature all'offerta elettorale finale: in questo quadro un raggruppamento unico doveva essere il «segno di discontinuità» con il passato.
Invece hanno vinto «altre logiche» e Passera ora si deve arrovellare sul suo futuro. Che farà da grande? Punterà a qualche poltrona strategica nel mondo economico, come Eni, Finmeccanica, Cdp? O aspetterà un giro e riproverà con la politica: Può sperare di fare entrare nel prossimo governo, anche se Bersani ha dichiarato di non volere con sé ex ministri di Monti. Berlusconi poi, non se ne parla neppure. Magari Monti, nel caso, potrebbe ripescarlo. Si vedrà. Intanto Passera si prende «una pausa di riflessione».
«È un sopravvalutato - commenta l'ex Pdl Giuliano Cazzola - se se ne va, per noi non è una gran perdita». Casini invece non ha dimenticato i rituali della Dc. «Io avrei litigato con Corrado? Mi viene da ridere, siamo grandi amici e ho una stima enorme per lui. Monti ha condiviso una linea comune». Italia Futura non voleva mischiarsi con i vecchi partiti, l'Udc ha fatto notare che la politica è sangue eccetera, che per prendere voti bisogna far circolare lo scudo crociato, Riccardi ha sostenuto la pluralità. E Passera è rimasto solo.
Ora però Casini vorrebbe stravincere e convoca una conferenza stampa per chiarire un punto che gli sta a cuore. «I nostri candidati li sceglieremo noi, come faranno anche gli altri. Poi li sottoporremo volentieri a Enrico Bondi sulla base di criteri da stabilire».
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