Politica

E il Quirinale tenta il rammendo impossibile il retroscena »

RomaPrima l'allarme rosso, con il Pdl verso l'Aventino e il Parlamento verso la paralisi. Poi, in serata, la piccola schiarita: congelate le dimissioni in massa di deputati e senatori, smentita la manifestazione di sabato, confermati al loro posto tutti i ministri. Ma insomma, vista dal Colle, la situazione resta comunque «molto difficile». La crisi non sarà imminente, però il Cavaliere resta furioso e il governo Letta rimane appeso a un filo. Con questi chiari di luna, il «patto di mezza legislatura» proposto dal Quirinale ai partiti appare lontano. Tanto che in serata dal Colle trapela una nota di agenzia: «Il presidente della Repubblica si riserva di verificare con maggiore esattezza quali siano state le conclusioni dell'assemblea dei parlamentari Pdl».
Dunque, scatta l'emergenza. Del resto Giorgio Napolitano è sulle barricate già da qualche giorno, con l'obbiettivo di «raffreddare lo scontro» e favorire un intesa tra gli alleati. Dopo un paio di mesi di turbolenze, l'altro giorno il capo dello Stato ha convocato uno dopo l'altro Alfano, Epifani e Franceschini per «verificare il grado di impegno delle forze politiche per la continuità dell'attività di governo». Un impegno che, nelle intenzioni del Colle e di Palazzo Chigi, si dovrebbe tradurre in un passaggio parlamentare: una serie di decreti su economia, fisco, magari pure riforma elettorale, sui quali Letta dovrebbe ottenere un secondo voto di fiducia.
Un programma che rischia di non partire nemmeno, di fronte a un Pdl sulle barricate e a un Berlusconi che, a proposito dei magistrati, parla di «operazione eversiva che sovverte lo Stato di diritto». Su e giù come le montagne russe, il grafico della febbre politica è impazzito e i margini di manovra di Napolitano si assottigliano. Infatti, fanno notare al Quirinale, non è solo l'agibilità del Cav a increspare le acque, c'è anche il duello infinito tra Renzi e la nomenclatura democratica a complicare le cose. Con il passare dei giorni, i problemi aumentano. Dal nodo fiscale, al balletto Imu-Iva, dalle commissioni ai finanziamenti ai partiti, ormai Pd e Pdl litigano sui tutto, possono rompere su qualsiasi argomento.
Il clima è questo e fa a pugni con l'ottimismo ostentato dal premier in trasferta in America. La stagione delle larghe intese, nonostante i proclami, si avvia alla fine e pure sul Colle se ne rendono conto. Ma il problema, visto dall'ottica presidenziale, è che all'attuale governissimo non esistono una serie alternativa. Napolitano, l'ha detto più volte, non vorrebbe rimandare il Paese alle urne con il Porcellum, che la Corte Costituzionale sta per dichiarare illegittimo: peraltro si riproporrebbe la stessa situazione di febbraio. Senza parlare della legge di stabilità da approvare, dei conti pubblici da salvare, del pessimo segnale che un'Italia allo sbando manderebbe ai mercati internazionali. Dall'altro lato sembra improponibile un'alleanza tra Pd e cinque stelle: rispetto al tentativo di Bersani, i rapporti sono addirittura peggiorati. E di un Letta-bis affidato ai «responsabili», ai traditori e ai trasfughi, ai disponibili a tutto pur di non perdere il seggio, nemmeno a parlarne: Napolitano è contrario e poi il primo a non starci sarebbe il presidente del Consiglio.

Così non resta che una sola strada, rimettere insieme i cocci e convincere gli alleati che, se insieme non si può stare, separati è ancora peggio. Riuscirà Re Giorgio a fare l'ennesimo rammendo?

Commenti