Diciamo la verità: se l’è cercata, con quel titolo, Luigi De Magistris. Ora davvero sarà un Assalto al pm quello che l’ex magistrato di Catanzaro dovrà respingere dopo la decisione della commissione giuridica del Parlamento europeo di negargli l’immunità parlamentare per una denuncia per diffamazione. A volerlo alla sbarra oggi è Enza Bruno Bossio, imprenditrice calabrese e moglie del consigliere regionale Nicola Adamo, «cliente» di Giggino ’o flop ai tempi dell’inchiesta Why Not. Assolta in primo grado e in appello, ha deciso di passare alla «cassa» perché un passaggio del libro Assalto al pm, appunto, sarebbe lesivo della sua reputazione.
«Questo signore – aveva dichiarato la donna, annunciando l’azione legale - non solo si è preso la briga, in questi anni, di rovinarmi la vita, costruendo la bufala giudiziaria del secolo, ma ha continuato a perseguitarmi attraverso il suo libro, inventandosi ulteriori fatti inesistenti». Se l’aula dovesse confermare la decisione della commissione, per la prima volta l’ex europarlamentare De Magistris rischierebbe di finire sotto processo per diffamazione. E sarebbe solo l’esordio, a questo punto, visto che in pentola bollirebbero altri procedimenti contro di lui che potrebbero vederlo senza «protezione», senza contare quelli che seguirebbero a ruota. La linea di Bruxelles sul punto va particolarmente stretta a Giggino ’o scrittore: l’immunità si concede solo in relazione a quelle denunce riconducibili all’attività politica. In altre parole: se Giggino vuole pubblicare un libro parlando delle sue (fallimentari) inchieste da magistrato, può farlo. A suo rischio e pericolo, però. D’altronde, De Magistris non può proprio lamentarsi di com’è stato trattato finora da Bruxelles. Non può evocare complotti pluto-«euro»-massonici. Appena nel dicembre scorso, il Parlamento europeo gli ha confermato lo «scudo giudiziario» per una querela della società Bagnolifutura, accusata (senza prove) dall’allora deputato Ue, di sperpero di denaro pubblico e di commistioni con la criminalità. E, prima di allora, altre tre volte la toga d’assalto, che protestava contro il legittimo impedimento e che tutto impettito col ditino ammonitore tuonava che dalle accuse ci si difende in tribunale, si è nascosta dietro la bandiera dell’Ue. Un modo sicuro e indolore per sfuggire ai suoi ormai ex colleghi. Eppure, non è che mancassero di farglielo notare questo doppiopesismo, pure dalla sua parte politica. Prima il deputato del Pd Eugenio Mazzarella, che lo bacchettava: «Delle due l’una: o non ha fiducia nella magistratura giudicante o non ha fiducia nella fondatezza di quello che ha detto. In entrambi i casi non ci fa una bella figura». E poi, addirittura, l’ex amico Beppe Grillo, che sparò a palle incatenate: «Mastella da Ceppaloni ha presentato al tribunale di Benevento un atto di citazione contro De Magistris per diffamazione».
E Giggino cuor di leone che ha fatto? «Per chiunque sarebbe una medaglia al valore una denuncia da parte del ceppalonico con la possibilità di inchiodarlo in tribunale, ma non per De Magistris che ha richiesto alla presidenza dell’assemblea Ue di far valere la sua immunità parlamentare». La pacchia è finita. Avanti il prossimo.(ha collaborato Simone Di Meo)
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