Chi va piano va sano e va lontano, diceva mio nonno, un proverbio che dopo la sua morte non ho sentito più. Ci sarebbe quasi da vergognarsi a pronunciarlo oggi: in un mondo che esige sempre maggiore velocità esortare alla flemma significa esortare all'obsolescenza, anticamera dell'emarginazione sociale. Eppure 80 persone (nel momento in cui scrivo) sono morte e molte altre giacciono gravemente ferite perché qualcuno (il macchinista del treno Madrid-Ferrol) ha deciso di lasciar perdere i vecchi proverbi e prendere troppo alla lettera la definizione della linea ferroviaria che stava percorrendo: alta velocità. Oltre che per i morti e per i feriti, io provo pena per il ferroviere: anche se da questa tragedia ne uscisse integro fisicamente, sarà distrutto per sempre dal punto di vista lavorativo e morale. In queste notti dormo male per il caldo e allora mi domando: come fa a prendere sonno un uomo che deve combattere (...)
(...) non soltanto l'afa ma pure 80 fantasmi?
Torna in mente Schettino, il comandante della Costa Concordia che per un quarto d'ora di vanità ha perso il lavoro e la pace, facendo perdere la vita a decine di persone. Per capitano e macchinista si ipotizza giustamente l'omicidio colposo, non doloso. Senza dubbio non sono dei malvagi, sono soltanto dei superbi che in un determinato, terribile momento, hanno pensato di poter dominare la tecnica quando invece era la tecnica a dominare loro. Non stiamo parlando di pischelli, sia l'italiano che lo spagnolo erano vecchi del mestiere, professionisti di provata esperienza. Eppure il primo è naufragato e il secondo è deragliato. Non voglio giustificarli più di tanto, credo nella libertà dell'uomo e quindi nella libertà che ogni uomo ha, in ogni momento, di decidere se frenare o accelerare. A prescindere dalle pressioni che potrebbero aver spinto Schettino ad avvicinarsi troppo all'isola del Giglio, o il macchinista a prendere una curva stretta ai 190 all'ora anziché ai regolamentari 80, entrambi avrebbero potuto rifiutarsi senza temere di ritrovarsi davanti a un plotone di esecuzione. (Fra l'altro, per noi habitué di Trenitalia il ritardo del treno spagnolo all'altezza di quella maledetta curva appare del tutto risibile: solo 5 minuti!). Voglio soltanto dire che in materia di velocità siamo tutti colpevoli. Tutti ci lamentiamo se il treno è in ritardo, se c'è coda in autostrada, se internet rallenta. Il primo colpevole potrebbe essere identificato in quel deficiente di Filippo Tommaso Marinetti (anzi: cretino fosforescente, per usare la definizione di D'Annunzio). Costui nel «Manifesto del futurismo» inneggiò alla bellezza della velocità, accostandola eloquentemente alla bellezza della guerra.
segue a pagina 12
De Vivo e Stefanato alle pagine 12 e 13
di Camillo Langone