La musica di Goran Bregovic va a mille. Trascinate ma anche vagamente malinconica, come si addice ai tempi. Nel salone del Palamontepaschi sono tutti in piedi, quelli che hanno trovato posto e gli altri, centinaia di persone che un posto non ce l’hanno.Bandiere, tante bandiere, sullo sfondo bianco e azzurro dei colori di casa. Pare una convention di Forza Italia prima maniera, ma questa volta il padrone di casa è Gianpiero Samorì,l’avvocato cinquantacinquenne di Modena che si è messo in testa di rifondare il Pdl, o la casa dei moderati o chissà come si chiamerà. E per l’occasione sfoggia come fosse un vestito nuovo il suo movimento: il Mir, acronimo ossimoro per Moderati italiani in rivoluzione. Sono migliaia nella città delle terme, ma non sono qui per curare il fegato. No, vogliono far sentire la loro voce e allora quando Samorì fa il suo ingresso nel palazzetto, quasi gli saltano addosso. Entusiasmo. Applausometro alle stelle. Lacrima facile.
«Sa -mo -rì, Sa-mo-rì». Cori da stadio, anche se manca la ola. La geografia umana è variegata: facce di giovani e vecchi arnesi della politica. Sul palco sale per primo Omar Favoriti, ragazzo dell’Aquila, periferia italiana maltrattata dal terremoto e dalle liti sulla ricostruzione. E poi, dopo sette minuti sette cronometrati, tocca a Franca Biglio, volto rassicurante da zia che fa le torte e che però si porta dietro l’Italia dei piccoli comuni, insomma la spina dorsale del paese. Anche lei, dopo aver scaricato il revolver contro il fisco e il patto di stabilità, inneggia a Samorì. Peggio che a una riunione di qualche predicatore americano.
Lui è tutto un sorriso. Critica l’Europa, pungolato dal direttore di Panorama Giorgio Mulè, propone una politica dello spread che ci liberi dal complesso di sudditanza verso la Germania: «La Germania non metterà mai in comune il debito con quello dei Pesi come l’Italia. Queste sono chiacchiere, la Germania deve pagare una quota pari al differenziale fra il suo spread e quello della media europea come fondo perequativo per aiutare chi è sfavorito».
Apoteosi. Se non è nato un partito, certo questo Mir è un movimento che non si può liquidare con un’alzata di spalle, come una macchietta o un controfigura. Gli iscritti sono più di centomila, nel salone stracolmo s’indovinano le mille parlate dell’Italia profonda. L’Emilia ricca, la Sicilia delusa, il Lazio che cerca una ricollocazione. In prima fila ecco Alberto Torregiani, vittima del terrorismo più feroce, costretto su una sedia a rotelle e, a qualche metro di distanza, Emilio Fede, che proprio inedito non è. Il Palamontepaschi frulla tutte le differenze, almeno per oggi, Nei corridoi circolano voci quasi incredibili: in Sicilia una folta pattuglia di consiglieri regionali sta passando dal vecchio Pdl al Mir, idem in altre regioni, in altre province, in altri comuni. «Voglio vincere le primarie», azzarda l’avvocato, che poi frena: «Se le faranno ». Sarà dura, ma ci credono.
Chissà se i moderati italiani sono in marcia.Certo,sono sull’incavolato,eufemismo per non saccheggiare il fondo oscuro del vocabolario. Quelli arrivati a Chianciano Terme però hanno l’ambizione di ripartire. Dentro il Pdl, ma fuori dalla vecchia nomenklatura. Ce l’hanno tutti con la classe dirigente, con la casta, con il Quirinale che costa più di Buckingham Palace, però non credono alle sirene di Grillo o di altri capipopolo. Puntano sull’avvocato di Modena, anche se è difficile, al momento, valutare il suo peso specifico. Potrebbe fermarsi sulla soglia del partitino, quello che intercetta e capitalizza come fosse un gruzzolo un pacchetto di consensi, oppure spingersi più in là.
Oggi gli organizzatori prevedono undicimila presenze. Di questi tempi è merce rara.
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