MilanoChi lo dice che la giustizia in Italia non funziona? Funziona, invece. Come una bomba ad orologeria, che individua con meticolosa, sorprendente precisione il «colpevole» o il presunto «colpevole» e poi, con effetto dirompente, piazzandogli sotto i piedi una sentenza di esagerate proporzioni, lo fa saltare per aria. A saltare per aria, questa volta, per un reato che, se non fosse grottesco, sfiorerebbe il ridicolo è il deputato del Pdl, Renato Farina. Ieri mattina, infatti, il giudice del tribunale di Milano, Elisabetta Meyer, lo ha condannato a due anni e otto mesi di reclusione, senza la sospensione condizionale della pena, (quindi, in buona sostanza, spianandogli la strada per finire dritto in cella) recependo appieno la tesi dell'accusa di «falso in atto pubblico».
Ma che cosa ha fatto di tanto grave Farina? Semplicemente il 12 febbraio era entrato nel penitenziario milanese di Opera per visitare il detenuto Lele Mora, accompagnato da un ventenne, peraltro non implicato nelle inchieste riguardanti il detenuto Mora, che lo stesso Farina aveva introdotto in carcere presentandolo come «collaboratore ai rapporti umani». Denunciato a piede libero, ieri mattina Farina è stato giudicato colpevole in prima istanza per «falso» e condannato a quasi tre anni di carcere senza la condizionale. Usata ma anche abusata spesso (quando i parlamentari per esempio introducono in carcere amici giornalisti per realizzare scoop raccontando le condizioni di superdetenuti, etc) la missione di Farina era stata, in realtà, questa volta dettata solo dall'esigenza di un giovane amico di Lele Mora, un artista che ha fatto una comparsata anche al Grande Fratello, di fargli visita per potergli portare, almeno con uno sguardo e un sorriso, la sua solidarietà e il suo sostegno. E trasmettergli la forza di resistere dato che, non è un mistero, Mora è piombato in uno stato di profonda depressione che più volte lo ha spinto sull'orlo del suicidio. Tutto qui, dunque. E il reato? Il reato è o sarebbe quel «falso ideologico» di cui il deputato Renato Farina si sarebbe macchiato ingannando le guardie carcerarie, facendo passare il giovane amico di Lele Mora come un suo stretto collaboratore. Da qui la condanna a due anni per l'accompagnatore di Farina e a quasi tre anni, senza condizionale, ribadiamo, per Farina. Una condanna che il deputato pidiellino rispetta, ma che lo ha lasciato davvero basito dato anche i precedenti di giurisprudenza. «Preferisco astenermi e lasciare alla vostra immaginazione ogni commento - ha dichiarato ieri Farina al Giornale - ma vorrei dire soltanto un paio di cose: come parlamentare io mi reco spesso in carcere per far visita a detenuti e accertarmi delle loro condizioni. L'avevo già fatto con Mora, l'ho fatto con Olindo Romano e con tanti altri. Lo faccio perché lo sento come obbligo morale per noi parlamentari che abbiamo la possibilità di farlo. Ripeto spesso che se noi abbiamo il biglietto gratis per viaggiare in aereo abbiamo anche il biglietto gratis per entrare in carcere a visitare i detenuti e dobbiamo cogliere al meglio questa opportunità che ci viene data. Non era, ovviamente, mia intenzione - ha aggiunto - aggirare la buona fede delle guardie né tantomeno violare le regole di questi incontri in carcere. Il giovane che era con me non ha scambiato una parola con Lele Mora, non ha scritto una riga in internet, non ha divulgato a chicchessia la notizia del nostro incontro. In altre parole la legge è stata rispettata alla lettera. Per questo io ho chiesto di venir giudicato nel modo più rapido perché mi sentivo tranquillo». E confortato - va rilevato - anche da una giurisprudenza, che ha portato sempre a miti condanne o ancora più spesso ad assoluzioni come nel caso del deputato Sandro Del Mastro Delle Vedove (entrato in carcere con una giornalista) e la performance di una parlamentare di Rifondazione comunista che portò in carcere le madri di due detenuti.
«Sono rimasto molto perplesso dalla notizia della condanna dell'amico e collega Renato Farina, noto per il suo impegno a favore della condizione carceraria e per le sue battaglie civili - commenta Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera - L'impressione è che più che sanzionare quanto accaduto, si sia voluto colpire la persona, sanzionando il giornalista e onorevole scomodo Farina». Gli fa eco il parlamentare del Pdl Alfonso Papa: «Due anni e otto mesi per falso in atto pubblico, un trattamento esemplare che non viene riservato neppure ai responsabili di una rapina.
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