Adesso quel che tutti sapevano è ufficiale: Raitre è sbilanciata a sinistra. Altro che dittatura berlusconiana dell'informazione e strapotere mediatico del Pdl. A dirlo è, nientemeno, il Garante per le comunicazioni che se la prende, in particolare, con due programmi di punta della rete: In mezz'ora di Lucia Annunziata e Che tempo che fa di Fabio Fazio. Che le due trasmissioni penalizzassero il centrodestra (...)
(...) e fossero un po' un megafono del Pd e della sinistra in generale era un concetto verificabile anche solo manovrando il telecomando, ma Renato Brunetta ha trasformato i dubbi in domande. E ora la risposta conferma lo squilibro. «All'esito dell'istruttoria - si legge in una nota dell'Agcom - avviata su esposto del capogruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta per verificare il rispetto dei principi di parità di accesso e pluralismo politico nei programmi In mezz'ora e Che tempo che fa, l'Autorità per le comunicazioni ha ordinato di riequilibrare garantendo una maggior presenza di esponenti del Pdl per il prossimo ciclo 2013-2014». Assolto, invece, Ballarò di Giovanni Floris.
Dunque Brunetta aveva ragione. I numeri del suo esposto del resto certificavano in modo impietoso l'assoluta asimmetria fra le diverse parti. Nel salotto di Lucia Annunziata, «nel periodo compreso fra il 7 ottobre 2012 e il 9 giugno 2013, su 29 puntate trasmesse, ben 14 hanno ospitato interlocutori appartenenti al Pd o comunque riconducibili all'area del centrosinistra, mentre in sole due puntate è stato ospitato il segretario del Pdl Angelino Alfano». E proprio in occasione di una di queste apparizioni, la conduttrice aveva apostrofato il Pdl come un partito di «impresentabili», provocando polemiche a non finire.
Brunetta aveva messo insieme cifre che si commentano da sole anche rispetto a Che tempo che fa. «Nel periodo compreso fra il 30 settembre 2012 e il 26 maggio 2013, su 60 puntate trasmesse, sono stati ospitati - sottolineava Brunetta - ben 20 esponenti appartenenti al Pd o comunque riconducibili alla coalizione di centrosinistra, mentre soltanto 4 sono stati gli esponenti presenti appartenenti alla coalizione di centrodestra». Come accennato, bastava sintonizzarsi qualche minuto sulla rete tradizionalmente più progressista della Rai per scoprire l'acqua calda della torsione a sinistra. Ma Brunetta ha avuto il merito di fotografare la realtà e di costringere dunque l'Agcom a correre ai ripari imponendo una sterzata.
Non solo. Brunetta in versione guastatore era andato anche a misurare i tempi del pluralismo politico sugli schermi di Ratre nel corso della campagna elettorale e ancora una volta aveva trovato un'informazione a senso unico. Il 34,4 per cento degli spazi era appaltato al centrosinistra e solo il 27,2 al centrodestra e Scelta civica. «Invece che servizio pubblico - aveva scritto Brunetta - siamo davanti a un servizio bersaniano». Di dispar condicio, clamorosa nel mese di aprile: centrosinistra a quota 57,7 per cento e centrodestra al 23 per cento.
Insomma, comunque la si rigiri, Raitre pende come la Torre di Pisa ed è un po' meno ecumenica di come viene forse dipinta. Per carità, si sa che nella geografia Rai, la terza rete era ed è terra di giornalismo rosso ed è altrettanto vero che una certa forma di riequilibrio può essere immaginata nel contesto di tutte le reti, ma l'Agcom vuole ripristinare una rotazione fra Pd e Pdl. È vero che la militarizzazione dei tempi può nuocere alla qualità dei programmi e si può pure affermare che il palinsesto non può essere diviso con il manuale Cencelli, ma certe anomalie dovranno scomparire. La Rai minimizza, prendendo atto «con soddisfazione che l'Agcom ha riconosciuto il rispetto del pluralismo del servizio pubblico».
Sarà. Basta intendersi sulle parole. Viene smentita, in verità, la solita leggenda che vuole la tv, tutta la tv, un megafono dell'onnipresente Berlusconi. Falso. Almeno a Raitre. E in programmi che pure godono di grande credibilità e prestigio. Due pesi e due misure, secondo schemi che la cultura e i salotti ripropongono da decenni. Ora Brunetta si rivolge al direttore della Rai Luigi Gubitosi: «Come commenta la decisione dell'Agcom? Siamo molto curiosi visto che lo scorso 25 giugno, durante un'audizione alla Commissione di vigilanza Rai, aveva detto che pluralismo non significa usare il bilancino con estrema precisione e avere il 99 per cento di accuratezza». Le proporzioni, però sono ben altre. «E questo - secondo il senatore Augusto Minzolini, ex direttore del Tg1 - dimostra che in Rai continua a essere prevalente una certa cultura di sinistra». È la vecchia egemonia comunista che non muore mai.
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Stefano Zurlo
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