Ecco le prove: fu Re Giorgio a tramare contro il Cavaliere

I contatti tra Monti e Napolitano iniziarono con quattro mesi di anticipo rispetto alla caduta del governo Berlusconi. Bufera sul Colle che replica: "È soltanto fumo"

Ecco le prove: fu Re Giorgio a tramare contro il Cavaliere

Altro che novembre. Il valzer che portò Mario Monti a Palazzo Chigi, al posto di Berlusconi, cominciò molto prima. Fra giugno e luglio quando il professore di economia fu sondato sul tema incandescente dal presidente della Repubblica. Non ci sono dubbi, la storia di quella drammatica estate, con lo spread impazzito e l'uscita di scena del Cavaliere, dev'essere riscritta. E a raccontarcela, almeno a grandi linee, provvede Alan Friedman nel suo ultimo libro: Ammazziamo il Gattopardo. Ieri il Corriere della sera dedica due pagine alla «congiura» e anticipa i contenuti del libro. Il timing dell'operazione Monti deve esser aggiornato. Un fatto è certo: Monti fu interpellato da Napolitano e fra giugno e agosto andò a chiedere consiglio, nientemeno, ad un imprenditore del calibro di Carlo De Benedetti e all'ex premier Romano Prodi.
I due confermano, anzi rilanciano mettendo sul piatto ghiotti dettagli, e così la lenzuolata pubblicata dal quotidiano di via Solferino innesca una furibonda polemica. Come si arrivò alla svolta di novembre? Oggi alcuni passaggi sono più chiari. Napolitano convocò riservatamente Monti e gli lanciò l'esca. La conferma definitiva arriva proprio dal Colle che non nega quel colloquio. Ma naturalmente ne sminuisce la portata. «Fumo, solo fumo», ironizza Napolitano in una lettera al Corriere e ancora «i veri fatti, i soli della storia reale del Paese nel 2011, sono veri e incontrovertibili. Ed essi si riassumono in un evidente logoramento della maggioranza di governo uscita dalle elezioni del 2008». Per Napolitano non ci sono misteri o retroscena e nessuna manina ha manovrato per mettere in difficoltà il Cavaliere.
Ma i conti non tornano e il Palazzo s'infiamma. Qualcuno parla di complotto, altri usano termini più sfumati, ma la sostanza non è nel lessico. La verità è che Napolitano creò in laboratorio la leadership di Monti, che pure era un tecnico autorevolissimo apprezzato dall'establishment, e a novembre, nell'arco di pochissimi giorni lo proiettò sulla scena, prima promuovendolo senatore a vita e poi premier. Il presidente della Repubblica, evidentemente in imbarazzo, si protegge dietro la sentenza della Corte costituzionale che ha risolto, a suo favore, il braccio di ferro con la procura di Palermo a proposito delle intercettazioni del presidente della Repubblica. Il capo dello Stato - afferma Napolitano citando la Consulta - deve poter contare sulla riservatezza assoluta delle sue attività».
Ma Romano Prodi e Carlo De Benedetti ricostruiscono la svolta: Monti aveva parlato con Napolitano e Napolitano gli aveva di fatto aperto la strada per Palazzo Chigi. «Il capo dello Stato - ricorda ora Monti nel colloquio con Friedman - mi ha dato dei segnali in quel senso». E nel lungo articolo scritto per il Financial Times, Friedman svela che la voce di Monti, nel pronunciare quelle parole decisive, diventa un «sussurro».
La trama è svelata. E partono i fuochi d'artificio. Forza Italia, che già ha con il Quirinale rapporti pessimi, va all'attacco. Come i grillini che hanno proposto l'impeachment. «Apprendiamo con sgomento - affermano i capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani - che il capo dello Stato già nel giugno 2011 si attivò per far cadere il governo Berlusconi e sostituirlo con Monti. Tutto questo non può non destare forti dubbi sul modo di intendere l'altissima funzione di presidente della repubblica da parte di Giorgio Napolitano». Ancora più duro Vito Crimi del Movimento 5 Stelle: «La richiesta di messa in stato d'accusa del presidente Napolitano, da noi avanzata ed oggi discussa nel comitato appositamente convocato, non è casuale né inopportuna».
Dall'altra parte, il Pd e il premier Enrico Letta fanno quadrato e difendono il Colle. «Nei confronti delle funzioni di garanzia che il Quirinale sostiene nel nostro Paese - afferma Letta - è in atto un vergognoso tentativo di mistificazione della realtà».

Sulla stessa linea Luigi Zanda, presidente dei senatori Pd: «Trovo sinceramente incomprensibili e ingiustificate le dichiarazioni di importanti esponenti di Forza Italia sul capo dello Stato. Di che complotto si tratta? C'è da rimanere onestamente interdetti». La querelle è solo all'inizio.

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