Corsi e ricorsi del professore

Monti e Fiat, una storia lunga almeno un quarto di secolo. Oggi il premier si accosta un po' a muso duro rispetto alle ultime mosse del Lingotto. Ma chissà con quali reconditi sentimenti. Perché nel 1988 stava anche lui a Torino: sedeva allora nel cda con Gianni Agnelli e Cesare Romiti. Non ancora quarantenne, ma già economista di fama mondiale, Monti sedeva anche nel comitato esecutivo e nei consigli delle controllate Gilardini e Fidis. Ma non solo. Erano quelli gli anni in cui il rettore dell'Università Bocconi (dal 1989) occupava un posto nel cda sia della Comit, sia delle Generali. Della prima è stato anche vicepresidente, dal'88 al '90. E in entrambi i casi si trattava della stessa «galassia», quella che Enrico Cuccia aveva costruito intorno a Mediobanca. Sia la Comit sia le Generali erano azioniste della banca d'affari che a sua volta si finanziava con la prima (attraverso la convenzione per collocare le sue obbligazioni) e controllava le mosse della seconda. In quella costruzione la Fiat aveva un ruolo chiave, essendo partecipata da Mediobanca e sua socia, secondo lo schema consolidatissimo degli incroci azionari.

Al punto che nel '93, quando la Fiat attraversava una delle sue crisi di liquidità e prodotto, fu proprio Mediobanca a mettere insieme le Generali, con Deutsche Bank e Alcatel, per blindare il controllo e sostenere Romiti. Monti se ne andò in direzione Bruxelles, all'Antitrust, ruolo giocoforza incompatibile con tutto questo con cui oggi torna ad avere a che fare. Dall'altro della barricata.

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