Se la piattaforma programmatica del nuovo esecutivo a guida Pd-Pdl-Scelta Civica (la Lega non si impegnerà direttamente anche se promette di non fare le barricate) si fonderà essenzialmente sul lavoro dei saggi e su tre cardini indicati anche da Angelino Alfano (fisco, famiglia e imprese) comporre il mosaico delle diverse sensibilità politiche non sarà affatto impresa facile. L'idea del presidente è quella di imporre l'equazione «larghe intese uguale programma stretto», ovvero punti chiari e definiti che non consentano deviazioni. E anche sulla rosa dei ministri il capo dello Stato vuole avere un ruolo incisivo chiedendo ai partiti di non proteggersi in un ruolo defilato ma di metterci la faccia e di assumersi responsabilità precise (nel Pd prima del discorso di Napolitano girava forte la possibilità di un esecutivo con dentro soltanto tecnici e viceministri politici, ipotesi poi tramontata).
Lo schema che ha in mente il Capo dello Stato è quello di avere un premier esterno al Parlamento (a meno che Enrico Letta non decida di impegnarsi in prima persona). Giuliano Amato, pertanto, resta in pole-position e accanto a lui dovrebbero esserci o i tre vicepremier, Angelino Alfano, Enrico Letta e Mario Mauro (con Gianni Letta come possibile alternativa). Se non si trovasse la convergenza sul nome di Amato potrebbe prendere corpo una soluzione a sorpresa: quella di Matteo Renzi che ribalterebbe lo schema iniziale con un fortissimo coinvolgimento del Pd che giocherebbe subito la sua carta forte (oppure anche in seconda analisi di Massimo D'Alema). Restano in piedi, comunque, ipotesi istituzionali rappresentate da Piero Grasso (o da Anna Maria Cancellieri) o di «rassicurazione finanziaria» come quella del dg della Banca d'Italia, Fabrizio Saccomanni.
Il totonomine e le voci di palazzo si concentrano soprattutto sui ministeri più pesanti. Per gli Esteri i nomi che girano sono quelli di Mario Monti e Massimo D'Alema, con outsider come l'ambasciatore presso l'Ue, Ferdinando Nelli Feroci, ed Enzo Moavero Milanesi che potrebbe però essere confermato alle Politiche Europee. Per questa poltrona gira anche il nome di Emma Bonino che ha già rivestito l'incarico oltre ad avere più che degnamente figurato come commissario europeo. Per l'Interno non appare plausibile una sostituzione di Anna Maria Cancellieri, ministro tra i più popolari del governo Monti mentre per la Giustizia il nome più forte resta quello di Luciano Violante, senza cancellare dal novero delle opzioni Paola Severino. Per quanto riguarda un ministero chiave come l'Economia i rumours danno una corsa a tre tra Fabrizio Saccomanni e Salvatore Rossi di Bankitalia, subito dietro ci sarebbe Pier Carlo Padoan, capo economista all'Ocse. Per lo Sviluppo economico i nomi sono quelli di due esponenti Pd come Graziano Del Rio e dell'ex dg di Confindustria, Giampaolo Galli, ma per quella casella potrebbe esserci anche il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini. Per la Difesa oltre a Dario Franceschini e Giampaolo Di Paola si sussurra anche quello di Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore della Difesa. Per l'Istruzione circolano diverse ipotesi.
Tra queste ci sono quelle di Mariastella Gelmini, della montiana Irene Tinaglie di Alessandro Schiesaro(professore di Letteratura Latina alla Sapienza), mentre per il Lavoro cresce Filippo Bubbico. C'è poi un outsider come Fabrizio Barca alla finestra. Ma soltanto la direzione del Nazareno convocata per oggi potrà fare chiarezza su un suo eventuale ingresso nell'esecutivo.
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