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Galan si difende alla Camera ma M5S ha fretta di arrestarlo

L'ex governatore del Veneto in Giunta prova a dimostrare l'esistenza del "fumus persecutionis". I giudici a Venezia mollano la presa sul Pd

Galan si difende alla Camera ma M5S ha fretta di arrestarlo

Hanno fretta di arrestarlo. Di vederlo in cella. I grillini non vogliono perdere tempo e spingono Giancarlo Galan verso il carcere. Il cronoprogramma, tuonano i Cinquestelle, dev'essere rispettato alla lettera. E non devono esserci ritardi o slittamenti, anche se le carte sono arrivate un po' alla volta. Dunque, avanti di corsa verso il voto e le manette.

Venti minuti dura l' udienza davanti alla giunta per le autorizzazioni della Camera, il «tribunale» parlamentare che deciderà - ma l'ultima parola sarà dell'Aula - la sorte di Giancarlo Galan, l'ex governatore del Veneto per il quale la Procura di Venezia, nell'inchiesta sul Mose, chiede l'autorizzazione all'arresto. Il deputato di Fi espone i punti cardine della sua memoria davanti ai ventun componenti della Giunta, in maggioranza Pd (10 onorevoli) e M5S (3), per dimostrare l'esistenza di un «fumus persecutionis» da parte dei pm, tema su cui si deve esprimere appunto la giunta che non entra nel merito delle accuse. Il verdetto arriverà in tempi molto brevi, entro due settimane massimo, se cioè il presidente della Camera darà parere favorevole alla proposta formulata dal presidente della Giunta Ignazio La Russa (Fdi) di prorogare di una settimana il termine per la decisione. Il motivo è che il 30 giorni da regolamento che spettano alla giunta per formulare il suo parere scattano dal momento in cui arrivano gli atti. In questo caso l'ordinanza di custodia cautelare per Galan è stata recapitata dalla Procura di Venezia alla Camera il 4 giugno, cioè lo stesso giorno in cui Galan ha saputo di essere indagato (un tempismo formidabile, basti pensare che nel caso di Francantonio Genovese, il deputato Pd per cui la Giunta ha deciso sull'arresto, gli atti dalla Procura di Messina erano arrivati con molti giorni di ritardo...). Dunque il termine sarebbe il 4 luglio, ma siccome attorno all'11 giugno sono arrivate altre 160mila pagine di allegati (intercettazioni), La Russa ha chiesto di far partire dalla quella data il count down. I deputati membri hanno dato parere favorevole a prendere una settimana in più per analizzare anche quelle carte, con l'eccezione dei tre onorevoli del M5S che hanno votato contro.

In giunta Galan ricostruisce la vicenda patrimoniale, spiegando le incongruenze negli addebiti dei pm tra entrate e uscite. Ribadisce poi di aver chiesto, più di una volta, di poter essere interrogato dai magistrati, che hanno respinto l'istanza sua e anche dei suoi avvocati. Segno, secondo il deputato, che ci sarebbe una pregiudiziale negativa nei suoi confronti, appunto il famoso «fumus». «Dalla Giunta mi aspetto che i suoi componenti prendano una decisione da uomini e donne prima ancora che da parlamentari - dice Galan lasciando la sala -. Sono tutti preparati e capaci di valutare e giudicare se c'è il fumus persecutionis, ed io ritengo che ci sia».
Ma il voto finale toccherà all'Aula, e in tempi molto stretti, dunque attorno alla metà di luglio (in teoria sarebbero ammesse altre proroghe, ma è altamente improbabile). Sarà la Camera a decidere se con voto segreto o voto palese, anche se le chance di Galan sono basse in ogni caso. «Hanno fatto arrestare Genovese, che è del Pd, figuriamoci Galan...» è il commento più frequente tra i deputati.

A proposito del Pd, per il momento il filone delle tangenti rosse pare congelato. Nel suo interrogatorio l'ormai ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni aveva chiamato in causa la nomenklatura del Pd veneto. Ma quelle dichiarazioni sono rimaste, almeno per ora, solo uno spunto investigativo. Le voci, quasi un preavviso di garanzia, su Davide Zoggia, ex presidente della provincia di Venezia e pezzo grosso del partito nel Pd a trazione bersaniana, non hanno avuto sviluppi. E si è in qualche modo alleggerita la posizione di Giampietro Marchese, il consigliere regionale che qualcuno, giocando sulle suggestioni, aveva paragonato a Primo Greganti. Marchese ha avuto i domiciliari, dunque un trattamento più soft. Nuvoloni in arrivo, invece, per Lia Sartori, l'eurodeputato di Forza Italia, per cui è stato disposto l'arresto. Il 1° luglio, quando s'insedierà il nuovo parlamento, cadrà l'immunità.

E scatteranno le manette.

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