Scandalo Mps

Il giallo di Mussari indagato per il buco nero dei derivati

Gli inquirenti confermano poi smentiscono il coinvolgimento dell'ex presidente Abi nella vicenda Alexandria: «Rischi in Borsa». Spunta il filone con Lehman Brothers

Il giallo di Mussari indagato per il buco nero dei derivati

Che mal di Siena. Sono in arrivo dolori fastidiosissimi per Giuseppe Mussari, uomo forte del Pci-Pds-Ds nella città del Palio, già nei guai per l'inchiesta monstre di Antonveneta e a serio rischio di processo per l'appalto dell'aeroporto di Ampugnano: fino a mezzogiorno di ieri fonti investigative lo davano certamente indagato anche per la vicenda «derivati», costola del filone giudiziario nato dagli accertamenti sull'acquisto della banca del Nord Est, attraverso la scoperta di un contratto segreto del 2009 con la multinazionale Nomura che – in soldoni – si traduceva in uno scambio di un derivato a rischio accollato a mutui ipotecari con investimenti più sicuri, un giochino per occultare le perdite e servire un bel bilancio per l'anno 2009.

SOTT'INCHIESTA? SÌ E NO
Poi, a seguito di un colloquio col procuratore capo che ribadiva la necessità da parte dei suoi uffici di evitare qualsivoglia dichiarazione per evitare ulteriori ripercussioni sul titolo Mps in picchiata, veniva affisso un cartello («il procuratore e i pm non rilasceranno alcuna dichiarazione») e ogni conferma veniva rinnegata. All'improvviso. Senza se e senza ma. A cominciare dalle indiscrezioni sulla prima di più ipotesi di reato relativa alla violazione dell'articolo 2.638, secondo comma, del codice civile, che punisce l'ostacolo dell'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza dei massimi dirigenti i quali «al fine di ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza, espongono fatti materiali non rispondenti al vero (...) sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza ovvero occultano con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte fatti che avrebbero dovuto comunicare, concernenti la situazione medesima, sono puniti con la reclusione da uno a quattro anni». In subordine gli investigatori avevano pensato al falso in bilancio e la truffa.

CRAC CON LEHMAN BROTHERS
Nei faldoni dell'inchiesta-madre spuntano poi riferimenti a un incredibile matrimonio d'interessi tra Mussari e la moribonda, di lì a poche ore, banca d'affari americana Lehmnan Brothers. Fiori d'arancio per tentare di mettere una toppa alla voragine da 18 miliardi (debiti compresi) in cui era precitata Mps con l'acquisizione folle di Antonveneta. Un accordo che stando agli inquirenti avrebbe portato la Fondazione e la Banca a svenarsi per entrare in possesso della maggioranza assoluta della società Valorizzazioni Immobiliari, già controllata da Fondazione e Mps che deteneva un patrimonio di circa 200 unità immobiliari. Secondo alcuni revisori dei conti varrebbe un decimo di quanto pagato. Mps si sposa con Lehmann Brothers poco tempo prima che il colosso di Wall Street ceda schiantato dai mutui subprime. È il luglio 2008 quando gli sposini della Sansedoni Spa (braccio immobiliare di Mps) e la consociata lussemburghese di Lehmann spediscono le partecipazioni di nozze. La Sansedoni non naviga in buone acque ma si mantiene a galla. La seconda, invece, è sottoposta a procedura concorsuale. Per sostenere le trimestrali di bilancio di Mps dissanguate da Antonveneta il Cda di Mps vende a Vim tutti gli immobili che vengono acquistati coi soldi avuti in prestito da Mps Capital. Una sorta di compravendita su carta in quanto tutte le movimentazioni sono esclusivamente infragruppo. L'operazione di vendita degli immobili, da parte di Vim, va pure male: riesce a piazzarne giusto la metà, con perdite d'esercizio nell'ordine di milioni di euro all'anno. Dopo un po', l'intero capitale della Vim finisce in pegno alla società Mps Capital a garanzia dei finanziamenti erogati. Possibile che in Mps nessuno si sia preoccupato di quella banca vicina alla bancarotta, con la quale era esposta per 40 milioni di euro già nel 2008?

NON POTEVA NON SAPERE
C'è una sentenza del Tribunale di Salerno che evidenzia come la banca senese non poteva non sapere ciò che era pubblico, e cioè che «nell'agosto 2007 erano stati licenziati 1.200 dipendenti, nel corso del 2008 vi erano stati una perdita di 25 milioni di dollari, una riduzione dell'avviamento di 27 milioni, delle perdite su titoli garantiti per 2,8 miliardi di dollari e, infine, le azioni avevano perso ad agosto il 73% del proprio valore». Impossibile, secondo i giudici, anche soltanto ipotizzare che a Siena nessuno ne fosse a conoscenza. Nonostante questo stato dell'arte, comunque, è stato dato disco verde all'operazione Vim così come è stata autorizzata la transazione con la banca giapponese Nomura che al suo interno vanta numerosi analisti marchiati Lehmann Brothers. Siena non è Wall Street.

E Mps non è «too big to fail».
(ha collaborato Simone Di Meo)

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