"Gianni, una vita per la Fiat e l'azienda resterà in Italia"

Maria Sole, sorella dell'Avvocato: "Basta con le malignità, contro la famiglia, ma il mondo oggi è diverso"

"Gianni, una vita per la Fiat e l'azienda resterà in Italia"

Non è stato facile convincere Maria Sole Agnelli, classe 1925, a ricordare il 24 gennaio di dieci anni fa, il giorno della scomparsa del fratello Gianni. Troppo forte l'emozione e profonda la commozione. Così tanti i ricordi. «Vede - spiega con un filo di voce la seconda azionista della galassia Agnelli e prima donna a rivestire il ruolo di socio accomandatario nella Sapaz, la cassaforte della famiglia - davanti ai miei occhi ho sempre l'immagine della fila interminabile di persone che rendeva omaggio al feretro di Gianni. La partecipazione di tutta la città di Torino è stata incredibile e commovente. Noi familiari ci siamo alternati tutta la notte nella camera ardente allestita nella Pinacoteca del Lingotto. Tutta quella gente che ci stringeva la mano...».
Dopo la scomparsa dell'Avvocato, la famiglia è riuscita a far prevalere l'unità d'intenti e a non sfaldarsi. Ci sono stati l'aumento di capitale, l'avvento di Sergio Marchionne, lo spin-off del gruppo, Chrysler...
«Guardi che non siamo mai stati divisi - risponde ora con fermezza - e lo dimostra il fatto che in questi dieci anni la famiglia ha fatto di tutto per garantire un futuro a Fiat. Sono state portate avanti scelte fondamentali e con un certo successo, anche se oggi la Fiat è molto criticata».
Qualcuno dice: «Se ci fosse ancora l'Avvocato certe cose non succederebbero...»
«Le critiche, più che la Fiat, riguardano il nostro amministratore delegato Marchionne, dotato di una forte personalità e soprattutto una persona eccezionale. Ma dietro di lui c'è la famiglia Agnelli di cui sento spesso parlare male».
Perché questo astio verso voi Agnelli?
«Il mondo è cambiato e gli interessi della Fiat sono ora anche in altri luoghi».
Tempo fa lei confermò al Giornale il ruolo centrale dell'Italia per la sua famiglia. È cambiato qualcosa?
«Il desiderio di tutti noi è quello di restare concentrati sull'Italia. Facciamo tutto il possibile, come dimostrano le ultime affermazioni del dottor Marchionne. Guardi, mi hanno fatto visitare lo stabilimento di Pomigliano d'Arco. Una fabbrica eccezionale».
Da Gianni lo scettro è passato a John, suo nipote.
«Per tutti è una fortuna avere John Elkann al comando. Non lo chiamo più Jaki perché ormai è diventato troppo grande. Segue il gruppo in tutto il mondo con grande impegno».
Suo fratello, dunque, aveva visto giusto quando decise di puntare su John.
«Sì, dopo tutti i drammi che ha avuto in famiglia. Ha visto giusto. John è un ragazzo a posto e molto serio».
E poi c'è Lapo, sempre al centro dell'attenzione.
«Ha personalità molto spiccata e brillante. Se assomiglia all'Avvocato? Direi che a suo nonno assomiglia fisicamente».
Intanto l'altro suo nipote, Andrea Agnelli, ha ridato lustro alla Juventus.
«Sono entusiasta di Andrea e della Juve».
Nel 2003 la morte dell'Avvocato e l'anno dopo quella di Umberto, al quale va il merito di aver avviato la svolta del Lingotto.
«Umberto è stato il mio fratello preferito. Perché era più piccolo. Ho trascorso tanto tempo insieme a lui».
Che cosa ricorda degli anni trascorsi con Gianni?
«Ha fatto così tante cose... E ha detto anche tante cose, sia importanti sia divertenti. È molto difficile estrapolarne una sui due piedi. Non dimenticherò mai l'impegno di Gianni per la Fiat dopo la scomparsa del nonno.

I funerali furono tristissimi. Non si potè passare davanti a Mirafiori. Non c'era neppure una rappresentanza degli operai. Ebbene, fu allora che Gianni disse: “Questa è la Fiat e noi dobbiamo rimetterla in piedi”. E ci è riuscito, non crede?».

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