La grande bufala dei lavori socialmente utili

La legge non prevede il volontariato, ma solo l'affidamento ai servizi sociali

Milano - Né con Mario Capanna a occuparsi di genetica a Roma, né a fare il City Angel a Milano, né il pagliaccio di strada nei quartieri spagnoli di Napoli. E nemmeno a lavorare per i comuni di Albenga, di Cavriglia, di Torre Annunziata o per gli altri municipi italiani che in questi giorni si sono fatti vivi - tra il serio, il polemico, il faceto - con la loro candidatura. Il catalogo che ieri riportava l'HuffingtonPost degli enti pubblici e privati che propongono a Silvio Berlusconi di scontare presso di loro l'affidamento ai servizi sociali è una lettura intrigante e significativa. Ma Comuni, onlus e tutti gli altri - compresi le migliaia che lanciano cachinni su Facebook, proponendo al Cavaliere ospizi per vecchi o ricoveri per Olgettine da redimere - partono tutti da un grosso errore. Perché confondono l'affidamento ai servizi sociali con i lavori socialmente utili. Berlusconi, se così deciderà, potrà chiedere l'affidamento per scontare l'anno di carcere che gli è stato inflitto. Ma la legge carceraria non prevede affatto il volontariato obbligatorio come condizione per ottenere il beneficio.

Certo, come spiegano ieri fonti del tribunale di sorveglianza di Milano, accade a volte che gli «affidati» dedichino un po' del loro tempo a rendersi utili qua e là, in modo da poter inserire queste attività nel loro curriculum, in previsione della valutazione che gli assistenti sociali faranno del loro reinserimento. Ma ci sono molti affidati - la stragrande maggioranza, soprattutto tra i detenuti comuni - che non fanno niente del genere. Tutto rose e fiori, dunque, il futuro del condannato Berlusconi? Non proprio. Perché se non avrà l'obbligo di aiutare le vecchiette ad attraversare la strada, si troverà comunque a fare i conti con una robusta serie di restrizioni. Dovrà soprattutto, spiegano gli addetti ai lavori, rendersi conto davvero di non essere più un cittadino libero. Di essere un condannato che sta espiando la sua pena, e che ha degli obblighi da rispettare.

È uno scenario futuribile, perché Berlusconi ancora non ha deciso il da farsi. In teoria potrebbe non muovere un dito, non chiedere nulla: ma a quel punto il 15 ottobre la Procura lo spedirebbe dritto filato agli arresti domiciliari. L'unica via d'uscita, se non arriverà la grazia dal Colle, è la richiesta di affidamento. È una richiesta che andrà formulata con attenzione, perché da essa dipende la vita quotidiana del Cavaliere nell'anno che lo attende da quando - in primavera, si ipotizza - il tribunale di sorveglianza potrebbe dare il via all'affidamento.

Prima questione: dove? Berlusconi ha molte case sparse, e può scegliere liberamente quella dove abitare durante l'anno di prova. Non è necessario che sia quella dove ha la residenza. L'unica condizione è che sia all'interno dei confini nazionali, e sia facilmente sorvegliabile. Ma, una volta scelta, è lì che deve stare. Se sceglierà Arcore, il tribunale di sorveglianza di Milano gli consentirà di muoversi liberamente per tutta la Lombardia. Se sceglierà Roma, a stabilire il suo raggio di movimento saranno i giudici romani, che sono di solito più rigidi, e potrebbero proibirgli di lasciare la città.

In ogni caso, Berlusconi potrebbe chiedere dei permessi per uscire dai «confini» assegnati, ma gli servirebbe l'okay dei giudici, e arrivato a destinazione dovrebbe presentarsi ogni volta alla stazione dei carabinieri più vicina a firmare l'apposito registro: una scena destinata a diventare un tormentone mediatico. Ma dal rispetto degli obblighi nel corso dei dodici mesi dipenderà il parere con cui, alla fine dell'anno l'Uepe - Ufficio esecuzione pene esterne - dirà se il condannato Berlusconi si è reinserito.

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