Grillo finisce condannato con gli estremisti No Tav

Uomo di rottura, Beppe Grillo. Al punto di meritarsi da parte del tribunale di Torino, la pena di quattro mesi di reclusione e 100 euro di multa per avere rimosso volontariamente, gli avevano contestato i pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo, (chiedendo per lui nove mesi e 200 euro di multa), i sigilli che erano stati posti dalla magistratura alla baita costruita abusivamente dagli attivisti No Tav nei pressi del cantiere della Torino-Lione. Anche se «prima che entrasse nell'edificio, Grillo era stato informato dai carabinieri che avrebbe commesso un reato nel caso di rimozione dei sigilli».
Il leader del Movimento Cinque stelle non era presente ma, in compenso, non appena il giudice Elena Rocci ha pronunciato nell'aula 3 del tribunale, la sentenza di condanna nei confronti di Beppe Grillo e di altri dieci antagonisti della linea ferroviaria Torino-Lione, è stato intonato più e più volte da parte di alcuni irriducibili che hanno gridato sventolando le bandiere del treno crociato lo slogan di «battaglia»: «Giù le mani dalla Val Susa. Tutti liberi e tutte libere» per solidarietà con i condannati e coi quattro anarchici arrestati per attentato con finalità terroristiche. Il tutto è avvenuto sotto gli occhi di un ingente servizio d'ordine composto da carabinieri e agenti della Digos.
Grillo, Alberto Perino e altre 19 persone (tra cui rappresentanti importanti del movimento valsusino come Nicoletta Dosio e Giorgio Rossetto, leader del centro sociale Askatasuna, condannati pure loro) sono stati processati per un episodio accaduto il 5 dicembre 2010. L'ex comico era stato invitato dal Movimento ad andare nella baita che doveva diventare un punto di ritrovo e un punto d'osservazione del cantiere. Tuttavia la baita era stata costruita in maniera irregolare e perciò posta sotto sequestro. Alcuni manifestanti, e tra loro pure Grillo, entrarono comunque nella costruzione. Secondo il decreto di rinvio a giudizio però il sigillo era «già portato via dal vento». «Era un sigillo che non c'era, un sigillo “inconsapevole”», ha dichiarato Beppe Grillo di recente.
Davanti alla baita ancora in costruzione, a cui erano stati posti i sigilli, il leader M5S improvvisò un breve comizio e si fece accompagnare all'interno della struttura. Dopo qualche minuto Grillo uscì e, davanti alle telecamere, mimò di avere i polsi ammanettati. Il processo vedeva imputate in totale 21 persone per violazione di sigilli. Complessivamente sono undici le condanne inflitte dal tribunale. «Aspettiamo i novanta giorni e vedremo se proporre appello» dice il legale di Beppe Grillo, l'avvocato Enrico Grillo (che è anche suo cugino). «Oggi mi hanno condannato a quattro mesi in primo grado. Non mi arrendo. La vostra solidarietà è un grande aiuto». Così su twitter Beppe Grillo ha commentato la condanna. Il leader M5S rimanda quindi a un post di solidarietà, di un attivista, pubblicato sul suo blog, dove si legge: «C'è condanna e condanna: per me quei quattro mesi per la rottura di quei sigilli violati dal vento (come avrebbe cantato Modugno) sono una medaglia al valore civile, perché non sempre la giustizia coincide con la legalità».
Ma Grillo rischia di finire in tribunale anche a Genova. Il blogger potrebbe infatti finire sotto indagine in Liguria per il reato di «istigazione di militari a disobbedire alle leggi». La procura genovese sta infatti valutando l'apertura di un fascicolo per la lettera aperta di Grillo indirizzata ai vertici di polizia, esercito e carabinieri con la richiesta di non schierarsi a protezione della classe politica italiana.


Per Grillo c'è spazio pure per la «scomunica» via Twitter del primo cittadino grillino di Parma: «L'incontro con i sindaci e i candidati sindaci M5S organizzato da Pizzarotti a marzo non è stato il alcun modo concordato con lo staff né con me».

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