I familiari delle vittime della tragedia del 2008: aspettiamo ancora la verità

Venezuela, 4 gennaio, appuntamento col destino. La maledizione di Los Roques si ripete con puntualità diabolica. Oggi come nel 2008. La sparizione del velivolo su cui viaggiavano Vittorio Missoni, la compagna Maurizia e la coppia di amici Elda Scalvenzi e Guido Foresti, non è il primo caso. Ed è sempre per una ironia del destino che è rimasta a terra l'altra coppia di amici che aveva partecipato alla vacanza di mare, sole e pesca: Giuseppe Scavelzi, fratello di Elda, e sua moglie, Rosa Apostoli, non hanno preso quel volo. «Avrebbe significato dieci ore di attesa in aeroporto a Caracas - spiega lei - ne abbiamo preferito un altro».
Dalla tarda mattinata di ieri, quando in Italia è arrivata la notizia, lo sgomento è forte tra parenti e amici. Ma anche da parte di chi, pur senza avere alcun tipo di legame con i Missoni, può capire perfettamente l'angoscia che in queste ore stanno vivendo gli altri componenti della famiglia.
Basta riavvolgere il nastro di cinque anni, tornare indietro nel tempo, ma senza lasciare quei cieli dell'arcipelago tropicale, per ritrovare, vivido e tremendo, il ricordo.
Era il 4 gennaio del 2008 quando un altro aereo da turismo, un bimotore Let 410 della compagnia di linea Transaven, con a bordo otto italiani, scomparve misteriosamente. Quattordici persone di cui non si è più avuta notizia, fatta eccezione per il corpo del copilota che fu ritrovato dieci giorni dopo.
«Una situazione surreale» commenta Debora Napoli, sorella di uno degli scomparsi. «Ci sono similitudini che mi fanno sperare in un rapido chiarimento, adesso». Appunto, adesso. Il suo primo pensiero, però, è rivolto a chi sta vivendo attimi sospesi tra lutto e speranza come accadde a loro, parenti e amici di Stefano Frangione, della moglie Fabiola Napoli, di Paolo Durante, di sua moglie Bruna Guernieri e dello loro figliolette Sofia e Emma, di Annalisa Montanari e Rita Calanni, tutti scomparsi cinque anni fa.
A loro, che questa sensazione la conoscono bene, ora viene spontaneo tendere la mano ai Missoni e ai Foresti, dichiararsi disposti, laddove questi lo desiderino, a parlare, a confrontarsi a quattrocchi. E intanto danno loro dei consigli: «bisogna lottare - spiega Debora Napoli - bisogna stare lì». L'ipotesi ufficiale su quanto accaduto cinque anni fa è che si sia trattato di un incidente, ma non è arrivata mai nessuna prova a confermarlo. Le ricerche, molto lente, riprenderanno alla fine di questo mese. «Questa volta abbiamo un vero crono programma» spiega Romolo Guernieri parlando a Tgcom24.
Solo nuove ricerche potrebbero, forse, dare una risposta anche a chi ipotizza che quello del 2008 non fu un incidente, ma che ci sia stato un dirottamento.
In base a una conversazione tra la torre di controllo e il comandante emergerebbe, infatti, che le persone a bordo del bimotore della Transaven sarebbero state diciotto e non quattordici. Quattro passeggeri in più: quattro narcotrafficanti che avrebbero cambiato la rotta del velivolo in modo da usarlo per trasportare cocaina. Si tratta di congetture, nessuna prova.

«Noi non abbiamo mai elaborato il lutto - conclude Debora Napoli - perché finché c'è la speranza ci sentiamo come sospesi». A Sumirago, in provincia di Varese, dove vive la famiglia Missoni, è sceso il silenzio. Così nel bresciano, a Pralboino. La Farnesina ha promesso il massimo impegno.

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