I furbetti del precariato In Sicilia sussidi per mafiosi e milionari

Uno era ricercato per una serie di rapine, un altro aveva un reddito da 150mila euro. Tra i bisognosi spunta pure il parente di un boss

I furbetti del precariato In Sicilia sussidi per mafiosi e milionari

Palermo - Tiravano a campare, e pure bene, a spese della collettività. Dopo quindici anni di sussidi pubblici, la manna dal cielo è finita. Di questi tempi è bene ingegnarsi nella vita, ma quando la «creatività» lascia il posto alla furberia a farne le spese sono tutti a beneficio di alcuni. E non sono nemmeno pochi. Ai primi controlli voluti dalla Regione siciliana sul bacino degli ex Pip (Piani di inserimento professionale), sono saltati fuori oltre duecentocinquanta «furbetti del precariato» che ricevevano un sussidio non dovuto.
L'esercito dei precari «irregolari» vegetava a Palermo sulle spalle dei cittadini, usurpando in alcuni casi il posto a chi davvero ne aveva bisogno. Tra loro c'erano dei «ricchi», tra palazzi della Palermo bene e soldi a manetta. Uno è Domenico Albanese, 47 anni, latitante, ricercato per nove rapine in banche sparse per lo Stivale. Era riuscito a rendersi irreperibile, eppure il sussidio di 832 euro continuava a percepirlo puntualmente almeno fino a poche ore prima dell'arresto da parte della polizia, avvenuto quasi in concomitanza con il depennamento dall'elenco degli ex Pip.
Se Albanese da dietro le sbarre non riceverà più denaro pubblico c'è chi ha continuato comodamente a riceverlo dal carcere, malgrado sia contro il regolamento che disciplina l'assegnazione del sussidio, e nonostante la gravità dei reati, che vanno dall'associazione di tipo mafioso alle molestie sessuali, allo spaccio. Paradossale il caso in cui i parenti portavano il registro delle firme al congiunto. Non mancava gente con beni confiscati per 2 milioni e l'evergreen del defunto, che, pure, continuava a essere beneficiario del sussidio incassato da qualche «furbo» parente.
Il dipartimento regionale Lavoro ne ha scovato di belle. Come un ex Pip che riceveva 800 euro al mese, ma aveva un Isee superiore ai 150mila euro e un patrimonio di 1 milione e 100mila. Il «poveretto» viveva agiatamente a Villa Sperlinga, zona residenziale signorile di Palermo.
Gli ex Pip fanno parte del progetto «Emergenza Palermo» riservato a ex detenuti e soggetti svantaggiati. Creato in seno al Comune, fu assunto dalla Social Trinacria onlus in convenzione con la Regione all'epoca del governo di Raffaele Lombardo per svolgere lavori di pulizia e facchinaggio in scuole e ospedali. La Regione l'anno scorso recise il rapporto per anomalie, e i precari tornarono in Emergenza Palermo, passando al sussidio.
Le espulsioni dal bacino dei beneficiari ha comportato non poche proteste. L'ultima ha visto centinaia di ex Pip in corteo contro la norma in finanziaria che fissa a 20mila euro il reddito Isee per accedere al sussidio. Per la Regione è stata tagliata una fonte di reddito per cosche mafiose pagate a destra e a manca per l'inserimento in elenco. Il risparmio è di 2 milioni e mezzo di euro.
Tra i sussidiati c'era Fabio Pispicia, fratello del boss di Porta nuova, condannato nel processo Gotha, e cognato di Tommaso Lo Presti detto «il pacchione», uno dei recenti scarcerati sospettato di essere il nuovo capo della mafia nel centro di Palermo. Pispicia al momento dell'arresto aveva pistola, guanti e passamontagna. Gli inquirenti sospettano che fosse pronto a chiudere nel sangue un vecchio conto.
Controlli serrati pure sugli Asu. È venuto a galla il caso di un lavoratore che riceveva 500 euro e aveva redditi per mezzo milione.

Ben quattrocento quelli che di «socialmente utile» non svolgevano nulla dalla comoda postazione di casa, dove se ne stavano pur ricevendo la retribuzione per mansioni che non espletavano perché mai assegnate dalle cooperative in cui risultavano operare, alcune delle quali addirittura inattive. Per loro è arrivato il tempo di rimboccarsi le maniche, visto che sono stati dirottati a lavorare in musei e aree archeologiche.

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