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I lealisti aspettano un passo falso degli alfaniani

Alta tensione nel partitoLa stoccata: «A Palazzo Chigi in pochi. La prova di forza si è rivelata un autogol»

I lealisti aspettano un passo falso degli alfaniani

I lealisti vanno avanti piano e lasciano che siano gli «alfanidi» a camminare sulle uova. E magari inciampare. Le parole d'ordine restano le stesse, lanciate da Raffaele Fitto a Ballarò: «Azzeramento delle cariche, eventuale congresso per il futuro, ma soprattutto che il pallino torni nelle mani di Berlusconi». La linea lealista incassa il plauso di un'ampia batteria di parlamentari. Sì convinto da Daniele Capezzone: «C'è una via indicata dalla saggezza e dal buon senso, e cioè ridare la palla a Berlusconi, leader scelto liberamente e democraticamente da milioni di italiani»; da Mariastella Gelmini: «Sono due gli ancoraggi di questa nostra fase: la leadership indiscussa di Berlusconi, nonostante l'attacco della strana maggioranza Pd-M5S, perché è il suo consenso che dà ali alla nostra politica, e la prospettiva italiana che ha bisogno di un governo capace di scelte coraggiose»; da Paolo Romani: «Ciò che auspica Fitto è giusto. È giusto che ci si confronti e ci si conti, e il congresso è strumento utile»; da Saverio Romano: «È auspicabile che il leader indiscusso Berlusconi riprenda in mano le redini del centrodestra»; da Stefania Prestigiacomo: «Deve ristabilirsi rispetto nella comunità umana che dirige e gestisce il Pdl, proprio per riaffermare con forza la nostra piattaforma programmatica in modo unitario»; da Anna Maria Bernini: «Il popolo del Pdl ci chiede trasparenza, lealtà e soprattutto una costante ed efficace iniziativa di vigilanza e pungolo al governo perché mantenga la promessa di ridurre le tasse e tagliare la spesa pubblica». Ma d'accordo sono anche Carfagna, Rotondi, Minzolini, Polverini, Mussolini, Galan, Malan, Sisto, Abrignani, Bruno, Floris, Petrenga, Palese, Savino, Bruni, Iurlaro, Liuzzi, Bergamini, Zizza, Bonfrisco, Pelino, Perrone.

Tutti predicano l'unità del partito ma, di fatto, ci si guarda ancora in cagnesco. Nel giorno della conferenza stampa dei ministeriali, ruvidi sono i commenti a mezza bocca dei lealisti. «Quella che doveva essere una sorta di prova di forza s'è rivelata un autogol: pochi parlamentari presenti nonostante il richiamo del capogruppo Brunetta; e soprattutto risposte evasive sul futuro del partito», dice un anonimo. E un altro li inchioda così: «Dovevano presentare un manifesto ma hanno parlato di acqua fresca; e in più si sono dimenticati di Berlusconi». Ma i lealisti non affondano e soprattutto non strappano. «Dobbiamo restare uniti - predicano - Uniti con Berlusconi che deve tornare il capo indiscusso, qual è». Frase non detta: se agli alfanidi non piace, ne traggano le conseguenze. Ossia: saranno loro a strappare, non noi.

I rapporti interni sono tesi, tesissimi. Nel Pdl si vive come da separati in casa ma né moglie né marito se la sentono di rompere. Aspettano un reciproco passo falso.

Il passo falso che potrebbero commettere gli alfanidi - si valuta tra i berlusconiani senza se e senza ma - sarebbe quello di non tenere a bada i falchi che svolazzano tra le loro file. Ossia quelli che ritengono il Cavaliere, non solo già morto e sepolto ma addirittura una zavorra per il cammino serafico del governo. Si aspetta, quindi. E ci si guarda storti sotto l'occhio attento del Cavaliere.

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