I pm non mollano Dell'Utri: maxisequestro di 10 milioni

La Procura di Firenze s’accanisce sull’ex senatore: "Non segnalate le variazioni patrimoniali sue e dell’ex moglie"

I pm non mollano Dell'Utri: maxisequestro di 10 milioni
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Ci risiamo. L’eterna indagine fiorentina su Marcello Dell’Utri in versione bombarolo, e finché era vivo su Silvio Berlusconi, ritorna con un maxisequestro. Più di 10 milioni di euro, provenienti dai conti dell’ex senatore e dell’ex moglie Miranda Ratti. I pm si attaccano a un dettaglio: i condannati per mafia, e Dell’Utri lo è per concorso esterno, devono segnalare per i dieci anni successivi alla sentenza le variazioni patrimoniali.
Lui non l’avrebbe fatto e i pm Luca Turco e Luca Tescaroli conteggiano complessivamente 42 milioni non evidenziati. Ma solo dieci solo quelli che possono essere aggrediti con un sequestro preventivo finalizzato alla confisca.
Insomma, si tiene vivo ancora il sospetto più indicibile. La tesi è quella di sempre, a dir poco terrificante: Dell’Utri avrebbe spinto Cosa nostra su input del Cavaliere per convincerla, o comunque facendole sponda, a seminare il terrore. In cambio, la nascente Forza Italia avrebbe adottato un quadro legislativo favorevole ai boss.
È una teoria che nelle aule di giustizia risuona da molti anni e che non ha mai portato a nulla, se non a pacchi di archiviazioni. Ma Firenze ci riprova. E si concentra sui soldi versati dal Cavaliere all’amico di una vita e braccio destro delle sue fortune imprenditoriali. In particolare, 28 milioni di euro fra il 2012 e il 2021.
A corredo il relativo teorema: «L’analisi dei flussi finanziari induce a ritenere che le erogazioni costituiscano la contropartita a beneficio di Dell’Utri per le condanne patite e il suo silenzio nei processi penali che lo hanno visto e lo vedono coinvolto».
Insomma, una tesi che è stata proposta e affondata non si sa più quante volte, ma che ritorna puntualmente con il carico dei soliti presunti enigmi. Siamo ad un crocevia della storia d’Italia: la fine della Prima Repubblica e l’avvento di Forza Italia.
Ecco, l’avventura di Berlusconi sarebbe macchiata da quello spaventoso peccato originale: i rapporti, tramite dell’Utri, con un boss di prima grandezza come Giuseppe Graviano, cui sarebbe stato affidato il compito di far saltare in aria chiese e persone sull’asse Firenze Roma Milano fra il ’93 e il ’94. Con Graviano ci sarebbe stato comunque un rapporto criminale di reciproco interesse.
È una storia che mette a disagio ogni volta che la si riascolta. Ma la procura antimafia di Firenze la ripropone fuori tempo massimo, quando ormai il Cavaliere non c’è più: «Dell’Utri avrebbe istigato o comunque sollecitato Giuseppe Graviano, quale rappresentante e referente di Cosa Nostra, a organizzare la campagna stragista e comunque a proseguirla al fine di creare le condizioni per l’affermazione del partito denominato Forza Italia». Che, dunque, sarebbe stata battezzata nel sangue innocente degli italiani.
Così, la procura di Firenze, a corto di indizi, punta su quel fiume di denaro e sull’inosservanza di una norma della legge Rognoni-La Torre che impone appunto il rendiconto patrimoniale.
In realtà gran parte dei 10 milioni e 840 mila euro sequestrati e più precisamente 8 milioni e 250 mila euro sono di Miranda Ratti che nel 2020 ha divorziato dall’ex senatore. Ma per i pm il divorzio è fittizio, pensato solo per dribblare la giustizia italiana.
La perizia della procura svela che l’8 marzo 2012 Berlusconi versa ai coniugi Dell’Utri 20,9 milioni di euro per comprare la splendida villa Comalcione, sul lago di Como. Seguono altri pagamenti che secondo l’analisi della Dia di Firenze sono il prezzo del silenzio, di un «ricatto ancora aperto». Nella lista ci sono anche i prestiti infruttiferi che il Cavaliere non ha più chiesto indietro, ma non i 30 milioni lasciati a Dell’Utri nel testamento.

«Si tratta - replicano gli avvocati Francesco Centonze e Filippo Dinacci - di somme bonificate in modo lecito e trasparente da Berlusconi all’amico Dell’Utri per gratitudine.
Si tratta del resto di fatti notissimi, già esaminati da almeno un decennio da svariate procure e sempre con risultati ampiamente liberatori».

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