L'Italia reale in cui la giustizia funziona a orologeria ha aperto le braccia a Roberto Maroni, segretario della Lega Nord. Bobo è stato un buon ministro dell'Interno, la lotta alla criminalità è un fiore che porta all'occhiello così come la difesa della magistratura. Le disgrazie giudiziarie di familiari e amici di Umberto Bossi gli hanno spalancato la strada di via Bellerio. Quelle che hanno colpito alcuni parlamentari di centrodestra lo hanno visto spesso sulle barricate del giustizialismo. Ma ora che in prima fila c'è lui, e nulla gli viene risparmiato, anche Roberto Maroni si è convinto del corto circuito tra magistratura e stampa.
«La costante di questa campagna elettorale è la macchina del fango che ha colpito, colpisce e sta colpendo. Ci sono ancora insinuazioni di tangenti o finanziamenti alla Lega legate alla vicenda Orsi-Finmeccanica. È un atto di terrorismo», ha detto ieri il leader del Carroccio. Maroni evoca l'eversione armata, una sorta di golpe attuato con gli strumenti dell'inquisizione.
«Il collegamento con le presunte tangenti non è giornalismo. Queste falsità sono fatte per condizionare il voto: è un atto di terrorismo non di giornalismo - è la protesta di Maroni - Mi spiace che ci sia il Corriere in cima, mettendo insieme un titolo con una cena, sottolineo l'unica, fatta tra me e l'amministratore delegato». Una cena con un manager arrestato che denoterebbe «rapporti di stretta amicizia», una serie di telefonate intercettate (forse in libertà, forse no, in ogni caso ancora tutte da verificare eppure date subito in pasto alle rotative), ipotesi di un finanziamento illecito di 12 milioni di euro che Orsi avrebbe fatto avere al Carroccio in cambio dell'appoggio alla sua nomina al vertice di Finmeccanica, ed ecco che a pochi giorni da un appuntamento elettorale decisivo la «macchina del fango» ricopre la Lega.
Ma c'è di più: «Nell'ordinanza di arresto per Orsi non si fa cenno a queste insinuazioni - sottolinea Maroni - Ciò significa che il pm e il gip hanno escluso che queste cose abbiano fondamento. Invece andare a prendere un documento preliminare, che è stato vagliato dai magistrati e messo nel cestino, come se fosse una novità uscita oggi, serve solo a condizionare le elezioni». E qui l'accusa si sposta dal palazzo di giustizia ai palazzi dei giornali. In aggiunta al rapporto dei carabinieri allegato al fascicolo su Finmeccanica, proprio ieri sono arrivate le dimissioni dell'assessore regionale piemontese Massimo Giordano, ex sindaco di Novara, indagato per corruzione, concussione e abuso d'ufficio. «I fatti contestati risalgono al 2006 e casualmente, sette anni dopo, a cinque giorni dalle elezioni, viene fuori questa cosa», ironizza Maroni che ha confermato la stima per Giordano.
E che nota un'evidente doppia misura delle procure: «Non sono un complottista ma su Montepaschi complimenti alla procura di Siena che riesce a tenere tutto dentro: né una intercettazione, né un documento, niente. Dovrebbero essere così tutte le procure di Italia».