Asse giornali-economisti: il copione si ripete

I soliti allarmi degli esperti schierati: due anni fa a pagare fu Berlusconi

Asse giornali-economisti: il copione si ripete

Ci risiamo. Parte la lunga campagna elettorale e ricomincia la danza dello spread. Il partito di Repubblica punta il dito contro Silvio Berlusconi e attraverso un economista famoso come Nouriel Roubini rilancia il solito allarme: «Il differenziale fra i titoli italiani e quelli tedeschi risalirà e questo a causa del Cavaliere che pretende l'immunità personale a costo di sfasciare tutto». Sì, non bastavano le sentenze alla Esposito e la via giudiziaria. Ci vuole anche il responso dei think tank internazionali che non gradiscono il leader del centrodestra tricolore. Meglio azionare pure quella ghigliottina in vista delle elezioni, anche se nessuno al momento è in grado di fissare una data. E però tutti sanno che la grande guerra fra Silvio e i giudici è andata avanti per venti anni, con esiti alterni, mentre è stata proprio quella divinità misteriosa e riverita con timore a metter fuori gioco il Cavaliere nell'autunno di due anni fa. Il differenziale saliva, saliva, saliva e intanto un'accorta regia, con sponda nei giornali più influenti e negli studi di prestigiosi analisti finanziari, attribuiva la colpa, tutta la colpa, di questo disastro, a Silvio Berlusconi.

Lui, alla fine, fu costretto a gettare la spugna, a farsi da parte e a cedere lo scettro a Mario Monti, l'unico domatore di spread, inteso come fiera non ammaestrata, in grado di ammansire la belva con la frusta della sua credibilità. Lo spread, che era arrivato al picco himalayano di 575 punti base il 9 novembre 2011, è sceso lentamente. Tornante dopo tornante fino a precipitare nei giorni scorsi a 240 punti. Ma, intanto, si è capito che quel meccanismo va ben al di là del Cavaliere e dei suoi guai giudiziari. Lo spread intercetta sì l'affidabilità di un Paese ma, forse, ha più a che fare con le politiche complessive dell'Europa, e con le sue lacune vistose, che non con questo o quel procedimento del Cavaliere.

Nei mesi scorsi anche Monti, che sullo spread ha costruito le sue peraltro brevi fortune, si è scordato di quel parolone e l'Italia, pur impantanata nello stallo elettorale e nelle convulsioni per la nomina del nuovo presidente della Repubblica, ha retto su questo fronte meglio che sul Piave. Lo spread è rimasto basso, a dispetto del marasma istituzionale, anche se il governo Letta va avanti a passettini e l'economia non gira per niente bene. Ora però si torna ad intravedere sulla linea dell'orizzonte la chiamata alle urne. E allora Repubblica corre ai ripari e lancia la compagna preventiva contro il signore di Arcore.
Il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari va negli Stati Uniti e intervista Nouriel Roubini, professore titolato con cattedra alla New York University. E Roubini non si fa pregare: disegna scenari tempestosi, con lo spread, prima in picchiata, ora pronto a risalire e a raggiungere quota 300, e naturalmente ritira fuori la vecchia favola del Cavaliere nero come il carbone: è lui e solo lui il responsabile di questo temporale in arrivo. Dice proprio così Roubini: «Si sta rompendo a causa di Berlusconi il patto non ufficiale, una sorta di gentlemen agreement che doveva evitare qualsiasi sconvolgimento politico prima delle elezioni tedesche». Non ci crede più nessuno alla favola del lupo cattivo di Arcore e però Roubini va giù pesante: «Enrico Letta, una persona seria e rispettata da tutti sul piano internazionale, sta con il suo governo facendo molte cose buone... Una linea corretta e i mercati la stavano apprezzando. Invece Berlusconi per un mero calcolo personale prende a pretesto proprio l'Imu per aprire la crisi. Anzi, per pretendere l'immunità personale, a costo di sfasciare tutto. Una posizione inaccettabile». E dai costi drammatici, secondo Roubini, per il Paese: «Lo spread risalirà entro pochissimi giorni a quota 300». E l'Italia s'infilerà dentro un grande nuvolone nero.

Ieri, purtroppo, il differenziale è salito di qualche punto fino a 249.

Solo qualche punto in su, ma sufficiente per far rullare i tamburi di Repubblica e degli altri nemici del Cavaliere. C'è da scommettere: la danza dello spread sarà la colonna sonora delle prossime settimane. E il differenziale sarà usato come arma finale per togliere dall'arena, una volta per tutte, il Cavaliere.

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