I timori del Colle «Al governo adesso serve più continuità»

RomaUn pranzo leggero e tanti buoni consigli. Enrico Letta oggi all'una andrà a rapporto al Quirinale, una «colazione di lavoro» per fare il punto prima del vertice europeo e decidere le prossime mosse. Ma sul premier si è già aperto l'ombrello di Giorgio Napolitano. Per risolvere i problemi, dice infatti il capo dello Stato, «serve una continuità di governo», invece l'Italia «ha il record delle fibrillazioni». Letta si è insediato da poco, «sono passati solo due mesi», e si riparla di crisi.
«Solo un breve saluto». L'intervento del presidente, alla cerimonia dei 90 anni del Cnr, non è in agenda. Eppure a mezzogiorno si alza e si presenta al microfono. Deve blindare l'esecutivo, minacciato dal milionesimo conflitto tra magistratura e politica, e cercare di stemperare il clima. «Le istituzioni sono determinanti, vanno rispettate e tenute con cura, è un caposaldo della vita e dello sviluppo di uno Stato democratico e di una società civile. Vorrei perciò vedere un po' più di continuità dell'istituzione governo, al quale vanno assicurate condizioni minime di serenità».
Questo dovrebbe essere l'interesse di tutti, vista pure l'aria che tira dal punto di vista economico. Dovrebbe, perché in Italia, che detiene «il record» delle turbolenze, «magari non passano due mesi dalla formazione di un nuovo esecutivo che si parla della prossima, incombente, imminente e fatale crisi di governo». La continuità, spiega Napolitano, «è dunque un valore», però bisogna intendersi. «Non vorrei che ci fosse qualche bisticcio e qualche confusione. La continuità è un elemento essenziale ma non significa conservatorismo o immobilismo. Anzi, le istituzioni devono avere la capacità di autorinnovarsi e correggersi». Tradotto: la stabilità fine a se stessa, il tirare a campare, non serve perché qui c'è bisogno di amministrare il Paese e fare le riforme.
Però attenti: far saltare il banco adesso vuol dire gettare il Paese nel caos. Il capo dello Stato comprende l'amarezza del Cavaliere, ma implicitamente lo invita alla calma. Se i partiti faranno cadere Letta, la palla tornerà sul Colle, con conseguenze imprevedibili.

Dopo le elezioni di febbraio ci sono voluti due mesi e un complicato accordo per formare un governo. Che succederà alla prossima crisi? Siamo sicuri che si tornerà alle urne? Ci sarà ancora Napolitano a suggellare le larghe intese? Il Giorgio-bis, ricorda lui, non è stato «né ambito né previsto».

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