RomaIl terremoto sconquassa il palazzo fin dal vertice. Gianfranco Fini, il presidente, vola via, a casa. I visi più noti non si vedranno più tra le mura di Montecitorio se non come semplici ospiti, vedi Antonio Di Pietro, risucchiato da Antonio Ingroia nella sconfitta di Rivoluzione civile e scomparso con tutta l'Italia dei valori, un partito cancellato dalle urne del 24 febbraio. Nella voragine aperta da Beppe Grillo con il voto di queste ultime politiche cadono tanti parlamentari inamovibili della Camera e del Senato. Più che altro sono i Filistei, la truppa al seguito di leader affondati, perché qualche Sansone sopravvive, come Mario Monti, che nonostante la scarsa prestazione del suo partito resta a Palazzo Madama come senatore a vita. Ma il mezzo flop di Scelta civica catapulta tra i desaparecidos molti centristi. Come Roberto Rao, portavoce storico di Pier Ferdinando Casini. Il leader dell'Udc è stato salvato soltanto perché candidato in Senato. Non compare, invece, nelle liste degli eletti a palazzo Madama l'ex ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick, che si era candidato per il Centro democratico di Bruno Tabacci. Scompaiono tutti gli intrepidi futuristi che avevano seguito Fini nella pazza avventura di voltare le spalle a Berlusconi. Con queste elezioni perdono il seggio il fido Italo Bocchino, l'avvocatessa Giulia Buongiorno, Giuseppe Consolo, Chiara Moroni e i pasdaran Fabio Granata e Carmelo Briguglio. Fuori Flavia Perina, l'ex direttrice del Secolo d'Italia. Non ce la fa nemmeno Enzo Raisi, candidato a Bologna, dove Fli ha raggiunto un misero 0,2%. L'unico che si salva della frantumata pattuglia è Benedetto della Vedova. Torneranno tutti alla loro vita gli uomini che pensavano di fare la rivoluzione contro l'allora leader del Pdl.
Ma anche il Pd, il partito arrivato primo senza vincere, sconta il risultato sotto le aspettative in termini di uomini e donne persi sotto la ghigliottina di un voto sparpagliato. Non ce la fa Paola Concia, la deputata omosessuale già salvata dallo sbarramento delle primarie anche grazie a una petizione senza precedenti di colleghi e giornalisti. Perde in Abruzzo contro Antonio Razzi del Pdl. Dall'Aquila arriva in Senato l'ex presidente della Provincia Stefania Pezzopane. Lascia per ora la politica Franco Marini, l'ex presidente del Senato, un altro addio celebre. È escluso dal Parlamento Giorgio Gori, già uomo ombra di Matteo Renzi durante la campagna elettorale per le primarie del Pd.
Lascia l'attività politica un ex Pdl passato con il deludente Monti e candidato al Senato, Giuliano Cazzola, che tornerà a fare il professore.
Ci sono poi gli esclusi due volte, quei deputati che erano già scomparsi nella scorsa legislatura a causa della clamorosa sconfitta della sinistra radicale-ecologista, e che speravano in un ritorno glorioso sempre grazie ad Ingroia il distruttore. Paolo Ferrero (Rifondazione), Oliviero Diliberto (Comunisti Italiani), Angelo Bonelli (Verdi) ci hanno provato ma non c'è stato nulla da fare contro la dispersione di voti a favore del solito Grillo. Anche dall'area di centrodestra arriva qualche novità. Non accede alla politica nazionale Gianfranco Miccichè, leader di Grande Sud e già uomo forte del centrodestra in Sicilia. È polverizzato pure l'Mpa di Raffaele Lombardo, l'ex governatore.
Non si vedranno più nei palazzi in questa legislatura gli esponenti radicali. È fuori Emma Bonino con tutta la delegazione di Amnistia giustizia e libertà, compresa Rita Bernardini. Su Twitter gli espulsi vengono chiamati con nomi ben più irriverenti. E un tweet davvero poco istituzionale è partito ieri anche dal sito di palazzo Chigi: «Parlamento, ecco i trombati eccellenti», è stato scritto dalla pagina ufficiale, con una carrellata di foto degli eliminati in questione. Poco dopo il messaggio è stato cancellato con tanto di scuse dello staff del governo: «Un tweet partito erroneamente. Ci scusiamo con gli utenti». Tra i perdenti, sempre sul carro Monti, il ministro per gli Affari europei Enzo Moavero.
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