di Ci racconteranno che quella di Vendola non è una risata cinica e volgare, niente a che vedere con quelle memorabili della prefettessa e degli imprenditori sulle macerie fumanti dell'Aquila terremotata. Ci racconteranno che anche ammesso sia una risata fuori luogo, sopra le righe, timidamente inopportuna, è comunque una risata di Vendola: cioè innocente, umana, culturale. Tassativamente escluso che il santino pugliese sia colpevole di risata spregevole. Non a caso, ha già dato incarico ai suoi legali per procedere con le querele.
E allora subito solidarietà, massima solidarietà ai colleghi del Fatto quotidiano, che facendo il proprio mestiere, senza guardare in faccia nessuno, in un pomeriggio di metà novembre mettono sottosopra il mondo web rilanciando l'audiovideo della telefonata scandalosa. L'intercettazione risale all'estate 2010, epoca rovente del caso Ilva. È lo stesso presidente della Regione a chiamare Girolamo Archinà, pierre della famiglia Riva, proprietaria degli impianti. Il popolare Nichi proprio non ce la fa a restare serio. Lo dice apertamente: «Sono molto colpito dalla scena che mi hanno appena mostrato a Roma
». E giù a ridere. «Questo splendido scatto felino», e giù a ridere. «Ho visto una scena fantastica», e giù a ridere. «Complimenti: con il mio capo di gabinetto siamo stati un quarto d'ora a ridere, una scena fantastica», e giù a ridere.
Non gli hanno appena mostrato l'ultimo di Checco Zalone. Il presidente sensibile e delicato si è gustato lo spettacolo esilarante dello stesso Archinà che strappa il microfono al giornalista della tv locale Blustar, e questo per un sincero libertario come Vendola dev'essere sempre molto spassoso, ma ancora più irresistibile gli risulta il motivo del drastico intervento: lo sfacciato giornalista ha osato chiedere un parere all'anziano capofamiglia Riva sulla drammatica questione dei morti per cancro nell'area dell'acciaieria. Vendola, rivedendo la scena, si diverte da matti. E poi quel cronista che porta in giro «la faccia da provocatore», «per me che davvero ho fatto tante battaglie a difesa della salute...».
Per lui che ha fatto tante battaglie a difesa della salute porre una domanda sul tema più allarmante del momento, e cioè se un grande impianto siderurgico sia davvero causa di morti per cancro, risulta terribilmente comico. E pazienza se il cronista non si presenta affatto aggressivo e provocatore, anzi fa ottimo giornalismo perché concede al titolare dell'azienda la possibilità di dare la propria versione: niente, Vendola non ce la fa proprio a stare serio, è piegato in due dal ridere e gli ci vuole «un quarto d'ora per riprendersi», lui e il suo capo di gabinetto. Già sembra di vederli davanti al video, paonazzi, con le mani sulla pancia, che non riescono a prendere fiato, che si danno pacche sulle spalle, oddio basta, ti prego, basta se no stavolta ci resto secco...
Vai avanti tu che a me scappa da ridere. Difatti adesso Vendola manda avanti gli avvocati. Il Selpresidente è di quella gente convinta di doverne sempre uscire a braccia alzate, convinta che i propri odori sappiano di lavanda, che i propri sfondoni siano baciati dalla grazia. E magari troverà pure un giudice che condannerà il Fatto quotidiano, perché quando il dito indica la luna c'è sempre qualcuno pronto a guardare il dito. Ma nessuna condanna riuscirà mai a mascherare e a ridimensionare il senso avvilente di questa risata ai massimi livelli istituzionali. L'ispirato Nichi, con quel talento dell'affabulazione (o del sofismo?) che nessuno gli nega, spiega a mezzo stampa la propria versione: non rideva dei morti per cancro (ma come è umano lei), bensì della scena di brutale censura. In altri tempi, ai tempi del Minculpop e della propaganda di Goebbels, la sua versione ufficiale verrebbe imposta e l'episodio sarebbe già chiuso. Il problema di Vendola è che nonostante tutto siamo un po' più avanti: tra i tanti difetti delle moderne tecnologie, emergono i vantaggi delle intercettazioni e del facile accesso via internet. Chiunque può ascoltare la telefonata e tirare conclusioni.
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