Imprese in piazza: pagateci i debiti

Sindaci e costruttori manifestano oggi a Roma contro lo Stato. Anche Confindustria e Abi chiedono un decreto d'urgenza

Imprese in piazza: pagateci i debiti

Roma - È come avere il conto in rosso, un super assegno in tasca, ma non andare in banca a incassarlo - sintetizza un imprenditore che osserva la politica con sempre meno fiducia. Il pressing delle aziende sul governo affinché prenda una decisione ed estingua il debito commerciale della pubblica amministrazione, sale. Le associazioni datoriali si sono mobilitate al gran completo. Oggi a Roma ci sarà la manifestazione organizzata dai sindaci dell'Anci e alla quale hanno aderito anche le imprese dei costruttori Ance. Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi è tornato a puntare i fari sull'emergenza chiedendo che se ne occupi fino in fondo questo esecutivo, non il prossimo.
Il rischio è che la politica, distratta da una legislatura nata male, perda un'occasione storica, cioè la lettera firmata dai commissari europei Antonio Tajani e Olli Rehn dove si concede all'Italia la restituzione dei soldi che le amministrazioni pubbliche devono alle aziende, senza sforare il Patto di stabilità. Sono come minimo 70 miliardi di euro, liquidi sottratti a un'economia già alle prese con la crisi peggiore dal Dopoguerra. Potrebbero rientrare velocemente, se e quando il governo deciderà di agire.

Il premier Monti nei giorni scorsi ha dato la sua disponibilità; ieri il ministro dell'Economia Vittorio Grilli si è spinto più avanti dicendo che il suo dicastero è pronto a fare un decreto. Il fatto è che fino a ieri sera nemmeno in Via XX settembre c'era alcuna certezza né sul se né sul come, né sul quando. Il Consiglio dei ministri di questa mattina potrebbe impostare il lavoro, ma non varare un provvedimento. Oppure varare un provvedimento la cui attuazione ricadrà sul prossimo esecutivo.
Le ricette in campo sono quella «spagnola», la più probabile, che consiste nella certificazione del credito entro tempi brevissimi e sanzioni per i funzionari degli enti debitori che allungano i tempi. Oppure l'utilizzo diretto di risorse della Cassa depositi e prestiti per pagare le aziende. Ma per Grilli sarebbe di attuazione più difficile.

La decisione dello strumento legislativo spetta a Mario Monti. Ma ieri prevaleva l'impressione che il premier sia troppo preso dalle difficoltà politiche per concentrarsi su un problema che è tecnico, ma ha un impatto devastante sul Paese. Squinzi ieri ha puntato i fari sui possibili effetti positivi della liquidazione dei crediti delle imprese da parte della Pa. Se il governo si decidesse, la restituzione potrebbe portare a un aumento in 5 anni di 250.000 occupati e a una crescita del Pil dell'1% per i primi 3 anni, fino al +1,5% nel 2018. La Cgia di Mestre ha calcolato che un terzo dei fallimenti registrati in Italia nel 2012 potrebbe essere dovuta ai ritardi nei pagamenti (in questo caso anche dei privati).

Le aziende vogliono un decreto già al Consiglio dei ministri di oggi. Oltre a viale dell'Astronomia ieri l'hanno chiesto Rete imprese Italia, il presidente dell'Abi (l'associazione delle banche) Antonio Patuelli secondo il quale ci sono tutti i requisiti «di necessità e urgenza». Alla lista dei pro decreto, i costruttori dell'Ance: «Dopo l'apertura fatta dai commissari Tajani e Rehn, spetta ora al governo e al Parlamento trovare soluzioni adeguate per consentire ai Comuni di spendere i soldi già disponibili».


Inviti che suonano come un ultimo appello delle imprese, sempre più sfiduciate verso la politica, come ha registrato ieri Confcommercio: il 42% ritiene che andrà peggio rispetto all'anno precedente, per il 52% andrà più o meno nello stesso modo, ossia «non bene», e soltanto il 6% pensa che in qualche modo la nostra economia migliorerà.

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