Roma - Ormai, Antonio Ingroia si sente assediato. Gli attacchi perché continua a fare politica con la toga vengono da tutte le parti: la segnalazione disciplinare al Csm del procuratore di Aosta, la critica di Matteo Renzi: «Ingroia che va in Guatemala, torna, si candida e prende lo zero virgola, poi va ad Aosta e si mette in ferie, è uno degli spot a favore di Berlusconi».
Per il pm leader di Azione civile la situazione diventa ingestibile e lui si sta convincendo che dovrà lasciare la magistratura. Ma come? L'ex aggiunto di Palermo, diventato più scomodo per gli amici o ex amici di sinistra che per gli avversari, sta preparandosi un futuro diverso.
Potrebbe mettersi a fare l'avvocato, visto che da magistrato non ha maturato la pensione. Ma la sua vocazione è politica e vorrebbe tanto un ruolo a livello nazionale. Molto dipenderà dagli equilibri nel Pd e nel centrosinistra. Intanto, dicono che abbia già stretto un patto con il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, per assicurarsi il paracadute di un posto nell'isola, visto che quello da Grande esattore ormai è sfumato per lo stop del Csm.
Intanto, Ingroia cerca di tirare la corda al massimo e prepara un'uscita da «vittima», secondo il metodo Di Pietro. Anche ieri non ha rinunciato a commentare i ballottaggi e festeggiare un centrosinistra che vince se è «largo e inclusivo».
Sulla sua testa pesa, però, la segnalazione disciplinare al Csm fatta dal procuratore di Aosta, Marilinda Mineccia, per la presenza del magistrato a manifestazioni politiche (la più clamorosa è stata quella della Fiom) e trasmissioni. In quell'ufficio Ingroia non vuole andare, ma i ricorsi amministrativi per ora sono stati infruttuosi. Trasferito ai primi di maggio, è in ferie fino al 20 giugno, ma poi dovrebbe prendere servizio.
«Deve ancora decidere - ha commentato il procuratore di Aosta - tra politica e magistratura. Ha espresso anche pubblicamente le sue difficoltà. Si rende conto che politica e magistratura sono due ruoli incompatibili, ma non posso sapere come deciderà». La segnalazione della Mineccia non può essere ignorata e, a questo punto, Ingroia teme che non solo si abbatta su di lui l'inchiesta disciplinare ma che venga chiesta anche la sospensione cautelare dalle sue funzioni di magistrato.
E poi l'iniziativa di Aosta si aggiunge alla denuncia del Codacons che, come parte civile di fronte al Tar nella diatriba sollevata da Ingroia per contestare il trasferimento del Csm, ha denunciato l'anomalia di un pm che fa apertamente politica e si è appellato ai titolari dell'azione disciplinare: Guardasigilli e Procuratore generale della Cassazione. Da Michele Vietti, vicepresidente del Csm e numero uno della sezione disciplinare, è venuto un significativo no comment all'iniziativa della Mineccia. «Ne prendo atto - ha risposto ai giornalisti, a Palermo - e non commento. Se e quando la segnalazione avrà un seguito, la esamineremo e la valuteremo».
Intanto il ricorso amministrativo lascia poche speranze. Dopo il no del Tar del Lazio alla sospensione del trasferimento, Ingroia ha rinunciato al ricorso al Consiglio di Stato, temendo che la sua posizione si possa aggravare. È in attesa della decisione nel merito del Tar, che difficilmente gli darà ragione.
Anche dalle aule dove si celebrano i «suoi» processi arrivano attacchi all'inquisitore. È «inconcepibile in uno stato di diritto», dice a Palermo il difensore del generale Mario Mori Basilio Milio, che Ingroia «abbia espresso giudizi nel suo libro su processi in corso di cui è stato pm».
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