Per paradosso, l'unica giustificazione per il prefetto di Perugia è che fosse sotto l'effetto di stupefacenti. E quasi lo sembrava, mentre diceva strunzate con pesantissima inflessione dialettale (saprà parlare un italiano almeno medio?) in una sala di ori e dipinti dove avrebbe dovuto rappresentare il governo.
Quel che ha detto, invece, rappresenta l'ottusa autorità del bastone, di chi mena ancora prima di interrogarsi. Una madre incapace di capire che il figlio si droga dovrebbe solo essere abbracciata, consolata, aiutata. Perché per una madre i figli sono un pezzo del proprio corpo e dell'anima, il più prezioso, il più inalienabile, quello che duole di più se ferito; perché la maternità, e la paternità, spesso assomigliano alla fede cieca più di qualsiasi altra cosa, nostro figlio dev'essere così come lo abbiamo sognato e come abbiamo provato a farlo diventare. Non si può colpevolizzare una madre che non si rende conto del vortice in cui viene risucchiato un ragazzo. Responsabilità ce n'è certamente, perché i segnali sono sempre allarmanti, e si deve sempre fare di più e meglio, in tutti i settori della vita, figuriamoci nel crescere i figli. Ma definire indegna di vita una madre perché non capisce che i comportamenti strani del suo ragazzo vengono da chi sa quale sostanza, è assurdo e ingiusto. Probabilmente quella madre non sa nemmeno che cos'è, la droga. Di certo il solo pensiero le fa così orrore che non riesce ad accostarlo al proprio amore più grande. Se, quando se ne accorge, pensa al suicidio, è per il dolore, non per il senso di colpa.
È recentissima la strunzata di un altro prefetto, di una grande città come Napoli, che ha aggredito verbalmente un buon sacerdote perché si era permesso di chiamare «signora» - e non «sua eccellenza» (eccellenza?) - il prefetto di Caserta: dimostrando così di non sapere cosa sia la signorilità, ma di conoscere benissimo l'arroganza del potere. Un potere, quello dei prefetti, per definizione monocratico, perché unici rappresentanti diretti del governo in una provincia. Ne conosco di ottimi, ce ne sono di ottimi, ma quello di Perugia è la prova che va fatta una selezione più attenta.
E che, se non si riesce a farla, è davvero meglio ridurre le prefetture.Con un prefetto si deve essere inflessibili, per dare l'esempio a quei «servitori dello stato» incapaci di capire che il potere va esercitato con misura e umanità, piuttosto che con arroganza e brutalità.
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