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L'ipocrisia dell'8 marzo e l'ossessione sessista

Siamo ancora qui a celebrare la festa della donna (8 marzo, ieri) come fosse una sagra di paese, con le mimose al posto delle castagne, dell'uva o del tartufo

L'ipocrisia dell'8 marzo e l'ossessione sessista

Siamo ancora qui a celebrare la festa della donna (8 marzo, ieri) come fosse una sagra di paese, con le mimose al posto delle castagne, dell'uva o del tartufo. Roba vecchia e burinotta, deprimente. Forse aveva un senso 30 anni orsono, quando la percentuale delle universitarie era minima, e nelle professioni (medici, avvocati, magistrati, giornalisti eccetera) la presenza femminile era inapprezzabile. Ma oggi, via, la situazione si è rovesciata: per esempio, alla specialità di cardiologia, su 100 iscritti, 80 sono ragazze preparatissime che superano i coetanei perché s'impegnano di più, studiano molto, hanno una grinta pazzesca. Per non parlare dei concorsi pubblici, dove le fanciulle fanno la parte del leone, tanto è vero che se ti capita la sventura di essere processato in tribunale, stai sicuro che a giudicarti sarà una signora con la toga sopra la minigonna.
Coloro i quali la sanno lunga e si compiacciono di mostrarsi tardofemministi affermano che, tuttavia, sulle poltrone più importanti, in ogni ramo, continuano a sprofondarsi glutei maschili. Ovvio. Gli uomini sono in pista da millenni, mentre le donne hanno alzato il capino recentemente, pertanto non sono ancora riuscite ad arrivare in massa ai vertici. Calma. Tempo al tempo. Fra due o tre lustri, mettetevi il cuore in pace, anche sul cosiddetto soglio di Pietro siederà una matrona. Se il mondo fosse nato ieri, si chiamerebbe monda. D'altronde, la vita è femminile.
Ieri, tanto per farsi notare, il presidente Giorgio Napolitano se n'è uscito con una frase ridicola: «Il sessismo è un virus». Ma cosa c'entra il sessismo? Che c'entra il virus? Da quando Montecitorio è dominato da Laura Boldrini, il sessismo è diventato un'ossessione. Fino a un anno fa, questo vocabolo dormiva nei dizionari: era inutilizzato. Adesso è in bocca anche al capo dello Stato. Che tristezza. «Chi dice donna, dice danno», recitava un antico proverbio stupidamente accantonato, considerato obsoleto. E invece è attualissimo. Infatti le donne danno: la vita, la speranza, il conforto, il coraggio, la gioia e il piacere. Danno se stesse per amore. È superfluo spiegare perché ed è sciocco festeggiarle ogni 12 mesi. Sarebbe molto meglio rispettarle sempre. Altro che quote rosa, che sono una forma evoluta di galanteria affettata: prego, signora, si accomodi. Ipocrisia mielosa e fastidiosa.
La gara è aperta non tra uomini e donne, ma tra persone, che non si valutano solo dalla cintola in giù, ma anche in su, dove c'è la testa. Piantiamola lì con certe discussioni che puzzano di sessantottismo e non portano a nulla. Vogliamo dirci la verità? Le femmine saranno completamente uguali ai maschi quando ne avranno acquisito tutti i difetti. Il giorno in cui non diremo più di una signora che è brava come un signore, ma che lei è scema quanto lui, allora finalmente le pari opportunità non saranno più una brutta espressione, bensì la realtà.
Non prendiamoci in giro: le donne e gli uomini sono cretini nella stessa misura. Già, l'intelligenza, la volontà, il merito non sono sessisti, caro Napolitano. Al capo dello Stato segnalo piuttosto che ieri, mentre lui discettava di sessismo, i telegiornali divulgavano un paio di notizie interessanti. La prima: un uomo è stato ucciso di coltello dalla moglie e dalla figlia, alla faccia del femminicidio. La seconda: una maestra è stata arrestata perché menava di brutto i bambini. Mimose per tutti.

E guai ai deboli, di qualsiasi sesso siano.

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