Letta vuole comandare il Pdl

Alfano lo stoppa: niente interferenze. Le richieste dei falchi

Letta vuole comandare il Pdl

La sinistra getta la maschera e passa alla seconda parte del piano: comandare in casa Pdl. Letta ed Epifani ieri non hanno usato giri di parole per ordinare in sequenza: che Berlusconi non è più il leader del Pdl, che il nuovo capo assoluto del partito deve essere Angiolino Alfano, che lo stesso Pdl deve affrettarsi a spacchettarsi in due gruppi distinti e distanti (da una parte i lealisti di Letta, dall'altra quelli di Berlusconi). Se si sono semplicemente montati la testa o se invece chiedono il rispetto di patti oscuri stipulati con non si sa chi per indebolire il centrodestra, lo capiremo strada facendo. O forse si tratta solo di nervosismo per il timore che la partita con il berlusconismo non sia ancora finita.

In effetti, a leggere l'intervista a Raffaele Fitto, punto di aggregazione dei lealisti, uscita ieri sul Corriere della Sera, si evince che una buona parte del Pdl non ha intenzione di arrendersi al nuovo corso prima di una conta ufficiale che certifichi chi è maggioranza e chi minoranza nel magico mondo berlusconiano. Chiedono, come già anticipato nei giorni scorsi anche dal Giornale, l'azzeramento delle cariche e un congresso. Il che sposterebbe in là l'ufficializzazione di un'eventuale scissione e riaprirebbe tutti i giochi, forse dati per chiusi in modo definitivo un po' troppo frettolosamente nelle ore, direi nei minuti, successivi al voto di fiducia, con gli abbracci tra la Bindi e Cicchitto e gli inediti applausi dei deputati di sinistra a Formigoni.

Alfano ieri ha preso le distanze dalle dichiarazioni del suo socio di governo, con il quale solo poche ore fa aveva battuto un entusiastico «cinque» con le mani per festeggiare la fiducia: «Non accetto interferenze, il nostro leader è ancora Berlusconi», sono le parole che ha dettato alle agenzie.

Almeno su questo ha ricevuto l'applauso di tutto il Pdl. Una goccia d'acqua cheta in quel mare in tempesta che è stato il partito nei sette giorni più terribili della sua storia. Che, a differenza di ciò che pensa e dice Letta, non credo proprio sia giunta al capolinea.

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