L'ex premier: governissimo se Napolitano resta sul Colle

Berlusconi insiste sulle larghe intese, convinto che l'attuale capo dello Stato sia l'unico in grado di "farsi garante di tutti i partiti"

L'ex premier: governissimo se Napolitano resta sul Colle

«Se Bersani vuole portare il Paese al voto, almeno abbia il coraggio di assumersene la responsabilità». La seconda giornata di consultazioni si chiude nell'impasse più totale, con tutti che restano arroccati sulle proprie posizioni. Compreso il segretario del Pd che, uscito dall'incontro con Napolitano, ribadisce la sua indisponibilità a dar vita a un esecutivo che coinvolga il Pdl. Una mossa, ragiona Berlusconi in privato, tanto «prevedibile» quanto «scellerata».

Per il Cavaliere, infatti, l'irrigidimento di Bersani non è certo una novità. Perché, dicono a Palazzo Grazioli, dopo che per un mese il segretario del Pd ha battuto sulla pregiudiziale antiberlusconiana, arrivando persino a cavalcare la sua ineleggibilità al Senato, non avrebbe potuto fare altro. Scontato, insomma, che non ci sarebbe stata alcuna apertura, nonostante le fortissime perplessità avanzate dal capo dello Stato. Le stesse che Napolitano manifesta in tarda mattinata anche durante l'incontro con Berlusconi, Alfano e i capigruppo Brunetta e Schifani. Il presidente della Repubblica, infatti, avrebbe detto di non vedere per nulla di buon occhio un mandato esplorativo nel caso non ci siano numeri certi, non nascondendo il suo scetticismo sulla possibilità che Bersani riesca a racimolare i trenta e passa voti che gli mancano al Senato. Parole che in qualche modo rassicurano Berlusconi, pronto sì a un governo di larghe intese ma solo a patto che possa durare due o tre anni. «Il tempo – dice il Cavaliere al capo dello Stato – per fare le riforme necessarie sul fronte economico e istituzionale, legge elettorale compresa». Con un dettaglio: la fase di difficile transizione nella quale si entrerebbe non potrebbe che essere gestita dallo stesso Napolitano. Ad aprile, insomma, Berlusconi vorrebbe una riconferma dell'attuale presidente della Repubblica, l'unico – secondo il leader del Pdl – in grado di farsi garante di tutti in un momento in cui il Paese è uscito dalle urne spaccato in tre tra centrosinistra, centrodestra e M5S.

Il Cavaliere, dunque, è disponibile a trattare. Potrebbe persino non osteggiare un governo a guida Bersani qualora ce ne fossero le condizioni. Questo dice a Napolitano prima che nel tardo pomeriggio il segretario del Pd ribadisca la sua indisponibilità. Al momento, insomma, il Pd non lascia aperti margini. Ecco perché in privato Berlusconi punta il dito contro Bersani e parla di scelta «scellerata» di cui «dovrebbe avere almeno il coraggio di assumersi la responsabilità». Con un retropensiero, visto che la posizione del segretario Pd è così rigida da risultare per molti versi indifendibile. E cioè che Bersani stia scientificamente alzando l'asticella proprio per rendere impossibile qualunque alternativa al ritorno alle urne. Che sia lui, insomma, a volere più di tutti nuove elezioni per evitare di essere spazzato via da Renzi. E proprio per questo avrebbe già iniziato la sua campagna elettorale sul M5S cercando di scaricare su Grillo la responsabilità di un mancato accordo di governo e iniziando a battere sui temi cari ai grillini come i tagli alla casta e l'ineleggibilità di Berlusconi.

Così fosse, se davvero Bersani è deciso a riportare il Paese alle urne, certo non sarà il Cavaliere a mettersi di traverso. Berlusconi, infatti, è convinto di poterle vincere le prossime elezioni e i sondaggi in questo senso lo confortano. Ecco perché la manifestazione in programma domani a piazza del Popolo è stata curata in ogni dettaglio con tanto di treni speciali, aerei low cost e oltre mille pullman in arrivo a Roma.

I toni non saranno da battaglia, ma la piazza – questo ha chiesto Berlusconi – deve essere piena. Per dare un segnale. «Se davvero pensano di tenerci ai margini nonostante il nostro 30% - è il ragionamento del Cavaliere – sappiano che siamo pronti a fare opposizione permanente. In piazza e in Parlamento».

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