Basta con i drammatici ritardi nei pagamenti che condannano a morte migliaia di imprese: lo Stato d'ora in poi dovrà onorare i suoi debiti entro trenta giorni, pena sanzioni severe. Una legge che imprenditori, artigiani e commercianti- e il Giornale che se ne è fatto interprete - chiedevano da tempo ed ora è finalmente in vigore, attuando la direttiva europea: anche se Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea e «padre» della normativa, chiede al ministro Passera di sciogliere i troppi nodi che rischiano di soffocarla sul nascere.
Le imprese possono tirare un sospiro di sollievo o è troppo presto?
«Apprezzo lo sforzo fatto dal governo italiano per accogliere anche prima della scadenza la direttiva europea, necessaria per far ripartire l'economia. Ma nel decreto ci sono ancora alcune ambiguità che devono essere corrette, e proprio per questo ho scritto al ministro dello Sviluppo».
Di che cosa si tratta?
«Prima di tutto, le deroghe ai tempi di pagamento, indicate in modo troppo generico, dando quasi l'impressione che i termini possano essere pattuiti liberamente tra le parti. Va invece scritto chiaramente che il termine è di 30 giorni e può essere prorogato, fino a un massimo di 60, solo in alcuni casi eccezionali tassativamente previsti, cioè per la sanità e le imprese pubbliche (non il singolo Comune, per intenderci). E il termine deve essere computato in giorni di calendario, non lavorativi. Inoltre le regole devono valere per tutti i settori produttivi, in primis l'edilizia».
Perché dovrebbe essere esclusa?
«A suo tempo ci sono stati dei dubbi interpretativi, da parte dell'Italia, che hanno portato ad escludere il settore edile dal campo di applicazione della legge. Assurdo, visto che proprio l'edilizia, con le infrastrutture e le grandi opere, è un volano dell'economia, e va sostenuto. Quindi, proprio per sgombrare il campo dai dubbi, il legislatore europeo ha aggiunto, nel preambolo della nuova direttiva, un riferimento specifico alla progettazione e all'esecuzione di opere ed edifici pubblici, nonchè all'ingegneria civile. Ora tocca all'Italia colmare la lacuna».
Ce ne sono altre?
«Manca ancora la completa trasparenza a proposito degli obblighi della Pubblica amministrazione. Inoltre non devono essere sanzionate solo le clausole contrattuali inique, come è scritto nel decreto, ma anche gli abusi commessi nella prassi: in altri termini, non conta solo quello che viene scritto, ma anche quello che viene fatto. Bisogna stabilire il principio della sicurezza nei pagamenti, fondamentale per gli imprenditori, che possono così ottenere garanzie da parte delle banche, e per gli investitori, che esigono regole certe».
Ma per le modifiche alla legge dovremo aspettare le elezioni?
«Niente affatto: le può e le deve fare già il governo attuale, basta un decreto legislativo, che ho sollecitato già dal 14 dicembre. C'è tempo fino a marzo, per modificare la direttiva, altrimenti dovrei aprire una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia».
E che cosa succederà invece per quanto riguarda il debito pregresso dello Stato nei confronti delle aziende?
«È un problema non da poco, visto che si tratta di 90 miliardi di euro. E io sto lavorando con il commissario europeo agli affari economici, Olli Rehn, per ottenere che questi debiti, già contratti, vengano tolti dal patto di stabilità. Non si può continuare a nasconderli con artifizi contabili, fingendo che i debiti non pagati non esistono.
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