Un nodo «rosa» fa già inceppare la corsa dell'Italicum. Il treno della legge elettorale avrebbe dovuto arrivare a destinazione già oggi; invece subisce un primo ritardo e se tutto va bene l'ok arriverà lunedì. Un iter travagliatissimo, quello della legge elettorale, su cui Napolitano avverte con una nota: «Farò un attento esame prima di promulgarla». Nel messaggio completo il capo dello Stato dice che «auspica la conclusione positiva su basi di un adeguato consenso parlamentare, non avendo altro ruolo da svolgere che quello della promulgazione, previo attento esame del testo definitivamente approvato dalle Camere». La strada dell'Italicum non è affatto in discesa, quindi.
L'intoppo più recente resta quello della rappresentanza di genere, con le donne di Forza Italia che rimangono sul piede di guerra: vorrebbero che il governo e la maggioranza pro Italicum dessero parere favorevole all'emendamento che introduce la parità di accesso alle candidature. Per ora l'emendamento è stato accantonato ma il pressing sul ministro Boschi non si ferma. Le donne, che fanno fronte comune in modo bipartisan, chiedono che il ministro «ci metta la faccia». Tre le proposte in campo. La prima: stabilire l'alternanza in lista, un uomo e una donna; la seconda: donne capolista nel 50% dei collegi; la terza: capolista «rosa» in almeno il 40% dei collegi. La terza opzione sembra essere quella più quotata. Essendo la Boschi in grave imbarazzo, il Pd lunedì farà una riunione interna per decidere la strada da prendere. Si presume che passi la linea del «o si è d'accordo tutti o l'accordo non si tocca».
Per ora il governo prende tempo e ripete: «Se ne occupi l'Aula». Il timore è che, accettando la modifica sulla rappresentanza di genere, si apra una breccia per ulteriori modifiche su preferenze, soglie e quant'altro. A quel punto il delicato equilibrio raggiunto a fatica due giorni fa rischierebbe di saltare. Sulla questione donne, però, le deputate azzurre continuano il pressing sui vertici del partito. Giovanni Toti, l'ascoltato consigliere politico di Berlusconi, chiude però la porta: «A me sembra un'assurdità, in un collegio ci può essere una donna bravissima che merita di essere capolista e in un altro collegio due uomini: perché dobbiamo stabilirlo prima? Io sarei perché ci fossero più donne o più uomini a secondo del merito».
Stefania Prestigiacomo, Mara Carfagna, Laura Ravetto e Gabriella Giammanco, seguite a ruote da molte altre, non ci stanno e firmano un appello a Berlusconi e Renzi per chiedere la tutela formale dei diritti «rosa».
Il fronte femminile non è compatto, però. Daniela Santanchè spariglia: «Lo sappiamo tutte ma dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo: nei partiti le liste elettorali vengono decise e predisposte dagli uomini. E la stessa regola vale per le donne che nei governi fanno i ministri: sono sempre scelte da uomini. Care amiche, dunque, fermatevi sull'emendamento che introdurrebbe una sorta di quote rosa: non voglio più portare altre donne in pasto agli uomini. Ne hanno già troppe da consumare».
La battaglia vera sarà quando l'emendamento verrà messo ai voti.
Con voto palese o segreto? Se la votazione sarà in chiaro, le quote rosa hanno qualche chance: nessuno vuole apparire misogino. Se al contrario - come probabile - la votazione sarà segreta, le quote rose verranno impallinate: la maggioranza della Camera porta i pantaloni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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