L'ultimo assalto al Cavaliere Già scritta la sentenza Ruby

L'ex premier sospetta che il verdetto su Mediaset sia stato solo il primo tassello: ora teme una seconda condanna entro Natale. Mentre incombono altri due processi

Non è la prima volta che lo dice, difficilmente sarà l'ultima. Anche se prima di partire per il Kenya, complice forse la sentenza di primo grado sui diritti tv Mediaset, il ragionamento di Silvio Berlusconi è stato più duro del solito. Il Cavaliere, questo confida in privato, ha infatti la sensazione che la condanna della scorsa settimana sia stato solo il primo tassello di una strategia di accerchiamento della magistratura già decisa da molti mesi e che ha avrà un passaggio chiave nel pronunciamento sulla vicenda Ruby che potrebbe arrivare già prima di Natale. Un sentenza che non solo l'ex premier ma pure i suoi legali temono sia già scritta.
Berlusconi, insomma, pensa che nonostante il passo indietro di un anno fa a favore di Mario Monti e un impegno decisamente non in prima linea durante questi ultimi mesi il clima non sia affatto cambiato. «Continuano a volermi incastrare e non si fermeranno finché non ci saranno riusciti», è il senso delle considerazioni che fa in privato. Non solo perché il Cavaliere non ha affatto digerito quel «delinquente abituale» che gli è stato affibbiato nelle motivazioni della sentenza Mediaset, ma soprattutto perché ha il sospetto che si tratti di una sorta di viatico per favorire una condanna anche nel processo Ruby. La sentenza potrebbe arrivare prima di Natale, al più tardi a gennaio e ai quattro anni per i diritti tv potrebbero aggiungersene altri quattro o più.
Si tratterebbe sempre di decisioni di primo grado, ma è chiaro che il fardello comincerebbe ad essere impegnativo anche per uno come Berlusconi che in questi anni ha dimostrato di avere le spalle piuttosto robuste in quanto a duelli con le procure. Senza considerare che il cerchio si andrebbe a chiudere a poche settimane dal voto in Lombardia e Lazio e a qualche mese dalle politiche nazionali. Con il tam tam mediatico che questo comporta e una campagna elettorale che rischia di essere incentrata ancora una volta sulle vicende giudiziarie del Cavaliere. Tempi un po' più lunghi, invece, dovrebbero avere il processo Unipol (l'accusa è di rilevazione di segreto d'ufficio) e quello per diffamazione aggravata nei confronti di Antonio Di Pietro.
Il problema, però, è anche il quadro complessivo dei procedimenti a carico di Berlusconi. Un puzzle, ha fatto più volte presente in privato Niccolò Ghedini, che in caso di condanna definitiva rischierebbe di diventare ancor più pesante. Ecco il perché di un Cavaliere insofferente, visto che dopo il passo indietro dello scorso novembre l'auspicio era quello di arrivare ad un clima diverso e non continuare con quello che l'ex premier considera un tentativo di killeraggio per via giudiziaria.
Mentre Berlusconi è in quel di Malindi per rimettersi in forma, Angelino Alfano continua a lavorare sulle primarie del Pdl. In un videomessaggio annuncia i tre i requisiti fondamentali nella scrittura delle regole («siano i miei competitori a scriverle») per il 16 dicembre: «La prima è che il vincitore sia quello che prende più voti, la seconda è che le candidature vengano sostenute da un minimo di supporto nel Paese per certificarne la serietà, la terza è che siano primarie per tutti e non solo per chi ha milioni da spendere».
Al di là delle buone intenzioni, però, resta il problema di primarie da organizzare in fretta e furia. Solo il fatto che a 13 giorni dalla scadenza per presentare le candidature, ancora non siano state messe nero su bianco le regole d'ingaggio la dice lunga.

E forse è anche per questa ragione che qualcuno a via dell'Umiltà inizia ad augurarsi che il voto per la Lombardia e il Lazio, magari a febbraio, sia l'occasione per decidere di archiviare le primarie e concentrarsi sulla campagna elettorale. Senza considerare che c'è ancora da capire cosa vuole fare Berlusconi che continua ad accarezzare l'idea di una lista autonoma.

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